Alfredo Cucco fu un esponente di spicco della politica meridionale. Prima leader del movimento nazionalista siciliano, poi segretario federale del Partito nazionale fascista (Pnf) per la provincia di Palermo e membro del direttorio nazionale del partito, di cui divenne anche vicesegretario nazionale. Poi ancora fu sottosegretario al Ministero della Cultura Popolare durante il biennio salotino e, in età repubblicana, uomo di punta del Movimento sociale italiano (Msi). Nella sua lunga carriera si individua un filo conduttore evidente, un tratto ideologico che, evolutosi dal nazionalismo del 1919 sino al radicalismo del Msi, attraverso il razzismo, fa di Cucco un interessantissimo esponente del fascismo italiano, testimone e artefice della nascita di questo e delle sue profonde mutazioni. Ciò nonostante, sarà più facile trovare il nome di Cucco in un libro di storia della mafia che in uno di storia politica. E questo a causa di quanto avvenuto fra il 1926 e il 1927, quando il prefetto Mori interruppe bruscamente la sua carriera politica con un castello di accuse che descrivevano Cucco come un affarista imputabile anche di ciò che oggi chiameremmo concorso esterno in associazione mafiosa (Dall’introduzione di Matteo Di Figlia).
Matteo Di Figlia
n. 5, Alfredo Cucco. Storia di un federale
2007. - Palermo, - Associazione no profit Mediterranea,
ISBN: 978-88-902393-4-2