L’opera di Bresc ha avuto ed ha un ruolo particolare nello svolgimento della storiografia siciliana degli ultimi decenni, perché è stata un valido baluardo contro una tendenza sempre in agguato nel percorso di ricerca degli storici siciliani, e cioè la tendenza a ripiegarsi su sé stessi, a prestare un’attenzione ossessiva alle vicende e ai personaggi della storia isolana. Il perimetro geografico dell’isola e quello storico del Trecento siciliano, del regno di Trinacria, sono difficili da superare. Quel senso di diversità che è stato definito col termine “sicilitudine” – un termine, ricordiamolo, coniato sulla négritude di Senghor, e dunque derivato dalla cultura francese – in campo storico diventa facilmente patologico, e la minaccia dell’autosegregazione è sempre presente. Per i medievisti siciliani, Bresc è stato un compagno di strada e un interlocutore salutare, percorrendo strade nuove insieme ad archeologi o linguisti, reimpostando la ricerca d’archivio e la tecnica di lettura del documento, sostenendo ricercatori appassionati nelle sabbie mobili della storia locale, aprendo dialoghi fertili e vivaci, non privi in alcuni casi di spunti polemici e, infine, liberando definitivamente la storiografia siciliana dall’orizzonte claustrofobico della “Sicilia aragonese” (Dalla prefazione di Laura Sciascia).
Henri Bresc
n. 11, Una stagione in Sicilia
2010. - Palermo, - Associazione no profit Mediterranea,
ISBN: 978-88-902393-0-4