Nel saggio si intende mettere a fuoco le modalità con cui la Suprema Generale Deputazione di Salute ha gestito il controllo sanitario della costa siciliana fra il 1816 e il 1830. Particolare attenzione è rivolta a un tentativo di riforma varato nel gennaio del 1816 e dunque ancora nella cornice istituzionale della costituzione del 1812. Si compie poi un’analisi del modo in cui il sistema di controllo sanitario è stato aggiornato alla luce dell’inglobamento dell’Isola nel Regno delle Due Sicilie e della conseguente riforma amministrativa, che variava moltissimo le modalità di trasmissione del controllo tra centro e periferia. Si mette in evidenza come predominasse l’idea di un controllo centralizzato e come il passaggio del 1817 abbia sostituito a un’ipotesi di funzionamento basata sulla centralità di Palermo una prassi amministrativa fondata sull’emanazione dell’autorità da Napoli e come questo insieme di circostanze abbia determinato conflitti. La gestione sanitaria della costa rappresentò anche un importante momento di definizione del litorale, di consolidamento del confine naturale concepito come frontiera. In questo senso, il controllo amministrativo fu anche e soprattutto strumento per una definizione culturale che alternava classificazioni del proprio spazio costiero a definizioni dell’otherness articolate attraverso le tabelle delle contumacie.
Matteo Di Figlia