Il saggio di Goodwin trova le sue radici nell’esperienza accumulata negli anni di servizio prestati in Sicilia come console di sua Maestà britannica. Nella sintetica presentazione sottolinea che il suo obiettivo fondamentale è far conoscere agli inglesi una realtà piena di contraddizioni ma affascinante quale è quella del Napoletano e della Sicilia, utilizzando non solo gli scritti di rinomati studiosi quali il Colletta, il Bianchini, l’Aceto e il Lanza, ma soprattutto il materiale raccolto (relazioni, fascicoli ricchi di dati statistici sulla realtà economica del Regno, appunti). Un’analisi quantitativa che si affianca spesso a incisivi giudizi sui meccanismi di funzionamento dell’amministrazione dello Stato, nei quali stenta a nascondere la sua disapprovazione e, talvolta, la sua non comprensione. Si dilunga, ad esempio, sulla giustizia e sul modo come è amministrata da parte di giudici corrotti che utilizzano per i propri fini la complessa stratificazione di norme sulla quale si costruisce il diritto siciliano.
Naturalmente Goodwin si sofferma sull’esperienza della Costituzione del 1812 disegnata sull’esperienza costituzionale inglese e fortemente voluta da lord Bentinck, ma si preoccupa, nello stesso tempo, di fornire le cifre sui principali parametri dell’economia siciliana.
Una sorta di instant book sulla realtà del Regno delle due Sicilie destinato al variegato mondo di diplomatici, ufficiali e uomini di affari impegnati sul fronte del Mediterraneo e che hanno bisogno di un quadro, il più completo possibile, delle realtà politiche ed economiche con le quali si devono misurare.
John Goodwin