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Pescosolido (Galasso)_1  25/04/18  11:46  Pagina 10






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                 sempre strettamente intrecciate, al punto che lo storico resterebbe
                 incomprensibile se separato dal politico e viceversa. Una specie che ha
                 rappresentato anche in Italia l’espressione più elevata di quel più vasto
                 fenomeno che caratterizzò la vita culturale e politica europea soprat-
                 tutto del XIX, ma anche del XX secolo, consistente nella supremazia
                 della cultura storica nell’ambito della cultura generale della classe poli-
                 tica e dirigente e dell’intera società civile. Un fenomeno che, già a metà
                 del secolo XX, andava verticalmente declinando di fronte all’avanzata
                 o  di  altre  branche  della  stessa  cultura  umanistica,  o  delle  scienze
                 sociali o tecnico-scientifiche, o, peggio, di fronte all’avanzata dell’incul-
                 tura generale pura e semplice delle classi politiche e dirigenti e della
                 società in generale.
                    Poco meno di un anno prima della sua improvvisa scomparsa, lo
                 stesso Galasso aveva chiuso con queste significative parole un’intervi-
                 sta rilasciata ad Antonio Gnoli: «Lei si figura – chiedeva lui all’intervi-
                 statore – un comunista, un liberale, un cattolico che non avessero
                 un’idea della storia d’Italia? Proprio questo è venuto meno. La storia
                 sta oggi in un angolo e altri sono i protagonisti. Non dico che sia un
                 male, dico che siamo solo dei sopravvissuti». In realtà non dire che
                 fosse un male era solo un modo dignitosamente retorico di affermare
                 che invece lo era, e un male neppure dappoco, se, in apertura dell’in-
                 tervista, aveva esordito chiedendosi in forma altrettanto retorica: «C’è
                 una consapevolezza della società civile di cosa sia il nostro passato? O
                 forse, per dirla in modo più radicale: c’è ancora una società civile?...
                 Non mi ritengo un professionista della crisi, o del disagio esistenziale.
                 Noto soltanto che la storiografia … è come un corpo separato dalla
                 società che oggi non trova più un baricentro su cui esprimersi». E alla
                 domanda se, in definitiva, quella fosse una delle ultime e più inquie-
                 tanti manifestazioni dell’ormai classica crisi della coscienza o delle
                 scienze europee o del tramonto dell’Occidente di hazardiana, husser-
                 liana, spengleriana memoria, aveva risposto che era evidente che «forze
                 sempre meno razionali minacciano il fondamento storico e logico di
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                 una Europa come l’abbiamo conosciuta» .
                    Si può, d’altro canto, comprendere facilmente perché Galasso si
                 sentisse, e realmente fosse, purtroppo, nella parte finale della sua
                 vita un sopravvissuto. Lo era perché continuava a credere nella forza
                 della ragione, della laicità, della insopprimibile storicità della condi-
                 zione umana, del perdurante valore della democrazia e della libertà,
                 in un tempo in cui questi valori, pur da tutti di continuo verbalmente





                    1  G. Galasso, Chi crede nella laicità e nella ragione è un sopravvissuto, Intervista di
                 Antonio Gnoli a Giuseppe Galasso, «La Repubblica» del 26 marzo 2017.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018       n.42
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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