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278 Antonio Mursia
1. Introduzione
I rapporti tra gli enti monastici e i loro fondatori laici in età medie-
vale iniziarono a suscitare gli interessi degli storici a partire dalla fine
dell’Ottocento, quando Ulrich Stutz si occupò di analizzare, tra gli altri
temi, pure i processi sottesi all’istituzione di chiese e monasteri privati
da parte dell’aristocrazia . Fu, tuttavia, nel secondo dopoguerra che
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questo argomento trovò terreno fertile nell’ambito degli studi portati
avanti dalla scuola di Gerd Tellenbach . In maniera particolare, fu il
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suo allievo Karl Schmid che riuscì a sviluppare ulteriormente le ricer-
che intraprese dal proprio maestro, indagando le funzioni assolte dagli
enti monastici in merito alla strutturazione dei legami familiari tra le
élite aristocratiche medievali .
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In Italia, le indagini condotte su diverse regioni del Nord nonché
sull’area salernitana hanno reso la penisola una postazione avanzata di
verifica e confronto su base europea dei rapporti intessuti tra gli enti mo-
nastici e i loro fondatori. Su questo argomento, tra i primi studi comparsi
in Italia figura quello di Bruno Ruggiero, il quale si soffermò a esaminare
i rapporti tra la nobiltà salernitana e la chiesa di san Massimo .
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Fu, tuttavia, la marca della Tuscia a catalizzare l’interesse di diversi
studiosi: a partire dagli anni Settanta del Novecento e soprattutto nel
corso del decennio seguente, furono pubblicati, infatti, gli studi di Paolo
Cammarosano, Cinzio Violante e Wilhelm Kurze , i quali ebbero il merito
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1 U. Stutz, Geschichte des Benefizialwesens von seinem Anfängen bis auf die Zelt
Alexander III, Scientia, Aalen 1895. Inoltre, cfr. Id., Die Eigenkirche als Element des mit-
telalterlich-germanischen Kirchenrechts, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Berlin
1895, e Id., Eingenkirche, Eigenkloster, in Realencyklopädie für protestantische Theologie
und Kirche, Hinrichs, Leipzig 1913, p. 23. Per quanto riguarda l’Eingenkirche, assai in-
teressante è il contributo di S.M. Collavini, Eingenkirche, in Dizionario di Storia, Il Sag-
giatore-Mondadori, Milano 1993, pp. 443-444.
2 Su G. Tellenbach, cfr. J. Fleckenstein, Gerd Tellenbach als National- und Univer-
salhistoriken, «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken»,
53 (1973), pp. 1-15.
3 P. Guglielmotti, Esperienze di ricerca e problemi di metodo negli studi di Karl Schmid
sulla nobiltà medievale, «Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico di Trento», XIII
(1987), pp. 209-269.
4 B. Ruggiero, Principi, nobiltà e chiesa nel Mezzogiorno longobardo. L’esempio di San
Massimo di Salerno, Università di Napoli, Istituto di Storia Medievale e Moderna, Napoli
1973.
5 Cfr. gli studi: P. Cammarosano, La famiglia dei Berardenghi. Contributo alla
storia della società del senese nei secoli XI-XII, Fondazione CISAM, Spoleto 1974; I
ceti dirigenti in Toscana nell’età precomunale, Pacini Editore, Pisa 1981; I ceti diri-
genti nell’età comunale nei secoli XII e XIII, Pacini Editore, Pisa 1982; C. Violante,
Le strutture familiari, parentali e consortili delle aristocrazie in Toscana durante i
secoli X-XII, in D. Rugiadini (a cura di), I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento.
Atti del V e VI convegno (Firenze, 10-11 dicembre 1982; 2-3 dicembre 1983), Fran-
cesco Papafava editore, Firenze 1987, pp. 1-57; W. Kurze, Monasteri e nobiltà nella
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)