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Ricordo di Enzo Collotti                                        231



                       Nelle conversazioni telefoniche con Enzo ero quasi sempre io a
                    parlare, in risposta alle sue domande sui suoi numerosi antenati
                    castelbuonesi. Una delle mie poche domande riguardò Gaetano Col-
                    lotti, nativo di Castelbuono e vicecommissario presso l’Ispettorato
                    di  Pubblica  Sicurezza  della  Venezia  Giulia  durante  la  seconda
                    guerra mondiale. Era mia intenzione dedicare alcune pagine della
                    mia storia di Castelbuono al ruolo dei miei compaesani durante il
                    fascismo. Il vicecommissario Collotti  si occupava della repressione
                    da Gorizia a Fiume dell’opposizione antifascista e di quella antita-
                    liana di sloveni e croati, distinguendosi come investigatore abilis-
                    simo, grazie anche al ricorso continuo negli interrogatori a metodi
                    brutali  e  all’uso  di  raffinati  strumenti  di  tortura  per  estorcere  le
                    confessioni ai detenuti. Per coprire le urla dei torturati a “Villa Tri-
                    ste” – come era chiamata la palazzina abbandonata da una famiglia
                    ebrea in fuga, dove aveva sede l’Ispettorato e il comando di quella
                    che è passata alla storia come “banda Collotti” – il commissario fa-
                    ceva alzare al massimo il volume della radio. L’Ispettorato si occu-
                    pava anche della cattura di ebrei, che, dopo essere stati derubati
                    degli  oggetti  preziosi,  erano  consegnati  ai  tedeschi,  soprattutto
                    quando, dopo l’8 settembre 1943, fu sottoposto agli ordini del co-
                    mandante delle SS dell’Adriatisches Kustenland.
                       Come il professore Francesco, anche Gaetano Collotti discendeva
                    dal  barone  Francesco  Collotti  (†1708).  Ma  è  molto  probabile  che
                    nessuno dei due sapesse di avere due ascendenti comuni vissuti tra
                    Sei e Settecento: il capostipite barone Francesco e il figlio barone
                    Giuseppe (†1734). Con la generazione successiva, i due rami si se-
                    pararono: Enzo e il padre professore Francesco discendevano infatti
                    dal primogenito di Giuseppe, Andrea Collotti Invidiato, Gaetano dal
                    secondogenito, Francesco Collotti Invidiato. I discendenti di Fran-
                    cesco tra Sette e Ottocento decaddero notevolmente e nella seconda
                    metà dell’Ottocento, dopo una permanenza a Siracusa, si trasferi-
                    rono  a  Collesano.  A  Castelbuono  ritornò  il  solo  Alessandro,  bi-
                    snonno di Gaetano. È molto probabile che il professore Francesco e
                    il vicecommissario Gaetano ignorassero di avere avuto sino al 1734
                    ascendenti comuni.
                       Un giorno, mi raccontò Enzo, il padre fu convocato dal vice com-
                    missario Collotti, col quale non aveva mai avuto rapporti. Il profes-
                    sore Francesco – dal 1941 ordinario di Storia delle dottrine politiche
                    nella Facoltà di Giurisprudenza e dal 1943 al 1946 preside della
                    Facoltà di Lettere e filosofia, da lui fondata – non era solito confi-
                    darsi con il figlio, ma nella precedente settimana era stato imprigio-
                    nato  un  suo  assistente  ebreo  la  cui  sorte  si  ignorava.  L’invito  in




                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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