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Ricordo di Enzo Collotti                                        229


                    di Messina. A Trapani la sua partenza per Messina fu molto rimpianta
                    dalla cittadinanza, memore del sostegno da lui concesso a iniziative
                    industriali e agricole di notevole importanza.
                       Indicazioni più dettagliate sui Collotti, i Galbo e i Guerrieri possono
                    reperirsi nel mio recente volume “Pulcherrima civitas Castriboni. Ca-
                    stelbuono 700 anni”, edito da Rubbettino nel 2020 (ristampa 2021).
                    Tra i Guerrieri mi piace ricordare il medico Vincenzo, il quale, in occa-
                    sione  della  peste  di  Palermo  del  1624-25,  ormai  protomedico  della
                    città, fece parte della commissione di medici e teologi nominata nel
                    1624 dal cardinale Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo e presi-
                    dente  del  Regno,  per  il  riconoscimento  delle  ossa  di  Santa  Rosalia:
                    confermò che le ossa appartenevano a una donna di media statura,
                    emanavano «un grato e soave odore» e, pietrificate com’erano, forma-
                    vano una «massa di dura, ma lucida pietra, e quasi di amatisti, berilli
                    e cristalli con testa, cosa mirabile e che procede da virtù superiore
                    all’ordine  della  natura».  E  in  occasione  della  guarigione  dalla  peste
                    della quattordicenne Agata Morso dopo aver bevuto l’acqua di Santa
                    Rosalia, testimoniò «essere stata per via naturale e miracolosa opera
                    di Dio nostro signore, facta per honorare li sacri ossi della gloriosa
                    serva sua, santa Rosolea».
                       Del  barone  Francesco  Guerrieri  Failla  (1831-1900),  poeta  e  pa-
                    triota, bisnonno di Enzo, mi piace riportare, prima che se ne perda del
                    tutto la memoria, il proclama antiborbonico da lui redatto e affisso a
                    Castelbuono il 18 aprile 1860, quattro giorni dopo la repressione nel
                    sangue della rivolta palermitana della Gancia e quando ancora Gari-
                    baldi non si era mosso da Quarto:

                       Italiani di Castelbuono, l’alba della rigenerazione è giunta: l’ora del
                    riscatto suonò. Cristo e risorto, risorgeremo anche noi. La speme nutrita
                    sin da tant’anni di ardentissimi desideri, di lagrime, di sangue glorioso
                    di martiri, oggi smagliante di un raggio di Dio, depone l’Iride del risorgi-
                    mento in grembo della libertà. Libertà Santa, divina emanazione del Cri-
                    sto, avvalorata dalla fede in Dio e dall’amore del prossimo, fondata sui
                    veri cardini del Vangelo, tutelatrice dei veri diritti e doveri dell’umanità.
                       Italiani di Castelbuono! Uno è il principio, uno il fine: sottrarci tutti
                    all’infame giogo dei tiranni. I nostri valorosi fratelli combattono … e vin-
                    ceranno. Dividiamo anche noi i perigli per indi godere anche noi da va-
                    lorosi e veri figli d’Italia, i frutti della vittoria.
                       Italiani di Castelbuono! La libertà non è una furia infernale, che ruota
                    i suoi flagelli di fuoco per iscompigliare e popoli e religioni, mettendo a
                    socquadro i paesi, aizzando al furto, al sangue, all’anarchia. No, disin-
                    gannatevi una volta e per sempre. La libertà è vergine celeste, Mente di
                    Dio, Dilettissima figlia primogenita di Cristo, Anima dei popoli, Anima




                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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