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                santa di civiltà, primo e sacro dritto delle Universe genti, divino istinto
                dell’uomo, Vita della società, Scaturiggine d’ogni perfezionamento mo-
                rale e civile, Viva luce dell’intelletto, feconda Madre di cittadine virtù,
                legame strettissimo di fratellanza e di amore evangelico.
                   La libertà nel cuore Italiano è fiamma inconsuntibile, come il fuoco
                del roveto, Arcano fuoco operator di prodigi, fiamma rigeneratrice, anello
                immediato che unisce l’umanità al suo primo principio, avviandola nel
                vero e nobile sentiero del progresso e dell’incivilimento.
                   Timorosi Italiani di Castelbuono, non temete. Anche in quest’angolo
                dei sicoli Appennini il genio italiano vive e veglia. Non temete. Il popolo
                conoscerà alla fine che la Rigenerazione non consiste nel furto e nella
                vendetta privata. Il popolo starà al suo posto e santi petti italiani gli
                apprenderanno i suoi doveri e dritti, onde gli sarà giuocoforza convin-
                cersi alle parole. Se no, convincerassi ai fatti.
                   Castelbuono non deve quindi restare indietro agli altri suoi fratelli:
                Castelbuono deve mostrarsi degno di quella libertà che va ad acqui-
                stare. Nessuna macchia d’infamia o di viltà (come il passato) deturpi il
                suo stendardo. Sotto l’egida Santa dell’ordine e dell’amor di patria strin-
                geremo un patto rivendicandoci a libertà.
                   Nessuno si attenti disertare da questi santi principii sia coi detti, sia
                coi fatti. Costoro sono del Cristo, dell’Italia e di se stessi nemici.
                   Italiani di Castelbuono, i tempi si appressano, vegliate, il rapito Pact-
                mos parlò. Ei non s’inganna. Già il mitico Destrier Nero ischeletrito per
                soverchia fatiga cede oramai il campo ai focosi Destrieri Rosso e Bianco,
                che traboccanti di forza e di vita generosamente liberi corrono la VERDE
                itala terra.
                   Italiani  di  Castelbuono,  rispettate  questa  pagina  sacra,  leggetela,
                consideratela. Non la strappate, non la toccate, rischiereste macchiarvi
                di delitto di lesa Patria.

                   La vittoria garibaldina di Calatafimi (15 maggio) ispirò al barone
                Guerrieri  l’inno  All’armi,  All’armi:  «Prodi,  avanti,  avanti,  avanti/
                Giunta è l’ora del riscatto;/ Siam fratelli tutti quanti,/ Giuriam tutti
                uniti  un  patto;  Vendicarci  a  libertà/  Nostra  santa  eredità./  Non  di
                Sposa e non di Madre/ Non vi arresti, o prodi, il pianto,/ Or vi appella
                fra le squadre/ Della patria amor più santo:/ Là corriam tutti a ferir/
                Od a vincere, o morir …». Gli stretti rapporti con Garibaldi e l’impegno
                nella raccolta di armi e denaro per la conquista di Roma bloccata ad
                Aspromonte costarono al barone Guerrieri persecuzioni, processi e nel
                1865 anche un mandato di arresto, dal quale si salvò con la fuga. Fu
                infatti accusato «di attentato avente per oggetto di suscitare la guerra
                civile fra gli abitanti dello Stato; distruggere l’attuale forma di governo,
                eccitare i cittadini ad armarsi contro i poteri dello Stato».





                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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