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La nazione impossibile. Antiquaria e preromanità nella politica culturale delle due Sicilie 485
contesti urbani dell’entroterra, dove l’accento sull’origine autoctona
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andava di pari passo con l’antiromanesimo . E tuttavia, non stavano
lì le difficoltà presto incontrate da quanti, nel corso dell’Ottocento, pro-
varono a legittimare in termini nazionali le Due Sicilie per il tramite
del rilancio di una comune origine greca. Proprio dalla Sicilia, la cui
antiquaria pure aveva sempre esaltato il passato greco, giunsero pronti
segnali di resistenza all’ipotesi di tracciare una storia antica comune
alle terre di qua come di là dal Faro e in questa opera di resistenza il
tema dell’autoctonia (recuperato da quello dell’antiromanesimo) ebbe
un significativo ruolo.
Eppure, almeno apparentemente, tutto doveva tener lontano l’eru-
dizione meridionale da Micali, che – come si è detto – non aveva lesinato
atteggiamenti di sufficienza verso il Mezzogiorno, recuperando dalla
tradizione odeporica del Settecento l’immagine di una diversità antro-
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pologica della bassa Italia . In realtà, le cose sarebbero andate in senso
opposto, perché non poche penne trasformarono quella diversità – che
per Micali declinava nei termini dell’insufficienza culturale – nel suo
esatto opposto, ossia nella prova provata dell’esistenza di una nazione
meridionale che di per sè legittimava l’esistenza storica delle Due Sici-
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lie . L’esempio più significativo a questo proposito è forse quello offerto
dall’opera di Cataldo Jannelli, un erudito partenopeo attivo lungo tutto
il primo Ottocento, il quale, ormai agli inizi degli anni Quaranta, dava
alle stampe alcuni lavori dove, incrociando gli interessi filosofici con
quelli archeologici, si schierava contro Micali, poggiando su Erodoto
12 G. Cirillo, L’antico nella costruzione dell’appartenenza cittadina: la storiografia
urbana del regno di Napoli in età spagnola, in F. Benigno, N. Bazzano (a cura di), Uso e
reinvenzione dell’antico nella politica di età moderna (secoli XVI-XIX), Lacaita, Roma-Bari-
Manduria, 2006, in part. pp. 73-81.
13 «Tutta l’Italia inferiore mostra pure a un attento osservatore molte singolari con-
venienze tra gli usi antichi e i moderni costumi popolari. Le donne prezzolate per pian-
gere gli estinti, si distinguono facilmente nelle vecchierelle calabresi facenti il tribolo,
cioè destinate a seguire alla tomba i trapassati con gemiti e cantilene lamentevoli. Gli
stessi funerali sono regolati come altre volte da quei popoli con rigoroso cerimoniale lugu-
bre: senza che, molte apparenti tracce di superstizione gentil esca e di vecchie usanze si
scoprono ovunque nelle maniere, nell’acconciatura e nelle mode dell’altro sesso. Un certo
vivissimo trasporto pe’ piaceri de’ sensi, una forte passione per la danza e il canto, posson
dirsi generalmente predominanti nelle due Calabrie». Micali, L’Italia avanti il dominio de’
Romani, Firenze, Piatti 1810, vol. I, pp. 256-7. Significativo, al riguardo, che a conferma
di queste sue affermazioni Micali citasse i libri di viaggio di H. Swinburne, Travels in the
Two Sicilies in 1777,1778,1779, 1780, P. Elmsley, London, 1783 e di J. H. Riedesel, Reise
durch Sizilien und GrossGriechenland, Orell, Zürich, 1771.
14 Sul tema della nazione napoletana e sulla sua coesistenza con una nazione ita-
liana, si veda di recente il pregevole intervento di A. Musi, Mito e realtà della nazione
napoletana, Guida, Napoli, 2016, nonché le note di G. Galasso, Nazione napoletana,
«L’Acropoli», 16 (2015), pp. 187-212.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)