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270 Orazio Cancila
non era riuscito a ultimare la cappella funeraria nella chiesa del con-
vento di San Domenico sotto titolo del SS. Rosario, dove doveva essere
tumulata la moglie e dove anche lui disponeva di esserlo. E se era stato
costretto a lasciare in pegno per onze 30 all’arciprete di Geraci una
catena d’oro del nipote Ottavio Agliuzzo, che voleva fosse recuperata
(spignorata) dagli eredi e consegnata al legittimo proprietario. In attesa
che i suoi eredi universali (la nipote Anna Ruberto, vedova dell’uid
Tommaso Vittimara, per un sesto; la sorella Antonina, vedova di Giu-
seppe Leto, per un sesto; la nipote Barbara Di Vittorio, moglie del
barone di Mandralisca Mario Piraino, per due sesti; i pronipoti figli del
defunto nipote Pietro Ottavio Giaconia, per due sesti) entro due anni
dal giorno della sua morte completassero la cappella, con una spesa
di onze 50 a carico dell’eredità, disponeva che il suo corpo fosse lasciato
in deposito nella stessa chiesa dei domenicani. Gli eredi avrebbero pro-
ceduto alla divisione dei suoi beni alla fine dell’anno, dopo aver liqui-
dato le spese della mandria di pecore e saldato tutti i debiti nei
confronti dei lavoratori e di altri creditori. Istituiva fedecommissario il
pronipote uid Pietro Paolo Vittimara e gli lasciava tutti i suoi libri di
medicina e di filosofia, eccetto i due libri di Marsilio Ficino e di Giovanni
Schembri, che legava al medico Andrea Leto, altro suo nipote, e il libro
della Bibbia, che legava al padre francescano Bonaventura Bonafede.
Dichiarava infine che nella sua mandria di pecore teneva 200 pecore
di Ottavio Agliuzzo, al quale dovevano essere consegnate alla sua
morte; e che le mucche che pascolavano nei feudi da lui tenuti in affitto
appartenevano, tranne due, allo stesso Ottavio che le aveva ereditate
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dal nonno Mariano e dal prozio Modesto Agliuzzo .
Gaspare non lasciava eredi diretti (il figlio Diego era deceduto nel
1627) e, con la sua morte, il ramo castelbuonese degli Abruzzo si
estinse.
98 Asti, notaio Antonino Neglia, b. 2507, 2 ottobre 1674, cc. 49r sgg. L’inventario post
mortem, redatto il 10 ottobre dal notaio Gian Paolo Agrippa di Castelbuono – i cui atti
sono erroneamente inventariati tra quelli dei notai di Collesano – registra, tra l’altro,
«molti libri di medicina, circa altri cento libri legati a Pietro Paolo Vittimara, oro, argento
e, tra i tanti, «un quadro dell’Epifania con cornice negra di piro dello Racalmutisi ad olio»,
che viene dunque ritenuto dagli estensori dell’inventario opera del Monocolo di
Racalmuto Pietro d’Asaro» (R. Termotto, La conduzione del feudo Cava tra XVII e XVIII
secolo, in Giuseppe Antista, Architettura e arte a Geraci (XI- XVI secolo), Geraci Siculo,
2009, pp.155- 163).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018 n.43
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)