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Una famiglia di professionisti nella Sicilia del Cinque-Seicento  265



             sanisa  e  la  casa  nel  quartiere  Terravecchia,  ma  poiché  Diana  era
             intanto deceduta lasciava tutto agli eredi della stessa e legava loro una
             rendita annua di onze 3. Revocava la precedente decisione con la quale
             lasciava i libri e i suoi manoscritti ai pronipoti Pietro Paolo, Margherita
             e Altadonna Vittimara (l’uid Tommaso, loro padre, era già deceduto) e
             al pronipote dottor Andrea Leto, e disponeva il lascito soltanto a favore
             di Pietro Paolo e di Altadonna. I suoi eredi non avrebbero potuto richie-
             dere nessun credito (debito, nella fonte) suo e dell’uid Tommaso Vitti-
             mara (i due evidentemente erano in rapporto d’affari) non indicato nei
             suoi libri di conti («se prima non demostriranno le libra di negotii di
             esso codicillatore»), perché alcune partite erano state saldate in tutto
             o in parte senza che fosse stata rilasciata ricevuta. I libri sarebbero
             rimasti in potere della nipote Anna Vittimara (madre di Pietro Paolo e
             di Altadonna), una dei suoi eredi universali.
                Per l’assegnazione degli altri suoi beni mobili ai suoi eredi delegava
             donna Felice Ventimiglia, marchesa di Geraci, se presente a Castel-
             buono al momento della sua morte, oppure l’arciprete pro tempore. Se
             qualcuno dei suoi eredi non si fosse trovato d’accordo con quest’ultima
             sua decisione, sarebbe decaduto dalla sua parte di eredità a favore
             della Comunia dei sacerdoti di Castelbuono per la celebrazione di altre
             messe, metà nella cappella di San Michele e metà in quella degli Angeli
             Custodi nella Matrice. Il frumento in magazzino sarebbe spettato per
             metà all’arciprete, per distribuirlo ai poveri a suffragio della sua anima,
             e per metà ai suoi eredi universali, che ne avrebbero donato una salma
             alla sua domestica (creata). Lasciava al fratello Gaspare tutti i pegni
             per un valore di onze 49 che si trovavano in possesso dello stesso codi-
             cillatore: sorge il sospetto che potesse trattarsi di beni di Gaspare
             lasciati in pegno a Baldassare, che in punto di morte glieli restituiva.
             Revocava infine tutti i legati pii degli altri suoi testamenti, lasciando
             soltanto quelli del codicillo e quelli del testamento in notaio Russo non
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             revocati .
                La malattia che lo aveva spinto a dettare i codicilli si protrasse
             ancora per alcuni mesi e l’1 aprile 1665 don Baldassare rilasciò al
             notaio Neglia nuovi codicilli, con i quali disponeva che, della porzione
             di beni mobili, denaro e animali che le sarebbero spettati, la sorella
             Antonina sarebbe stata solo usufruttuaria e alla sua morte sarebbero
             stati divisi a metà tra il figlio Giuseppe Leto e gli eredi della defunta
             Diana Castagna di Tusa. Prima di entrare in possesso dei predetti beni,
             la sorella Antonina avrebbe dovuto procedere alla stesura di un inven-
             tario pubblico e prestare fideiussione presso la Curia Capitanale per




                87 Asti, notaio Antonino Neglia, b. 2503, 8 settembre 1664, cc. 21r-24r.


             n.43                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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