Page 61 - Mediterranea 43
P. 61
Una famiglia di professionisti nella Sicilia del Cinque-Seicento 267
lo coinvolse in una vertenza col Sant’Uffizio che lo costrinse forse anche
a un periodo di latitanza. Nel 1636 cumulava un patrimonio netto di
onze 401: oltre agli immobili di Petralia in comune con la madre,
dichiarava il possesso di una grande casa di undici vani nel quartiere
Fera, limitrofa a quella del suocero, che faceva parte della dote della
moglie Francesca Agliuzzo, e ancora un uliveto di 400 ceppi in territorio
di Pollina, contrada Mulino, del valore di onze 220, acquistato in
diverse partite nel biennio precedente e ancora in parte da pagare. Pos-
sedeva inoltre 34 vacche figliate, 15 vitelloni, 160 pecore e capre, 2 giu-
mente, 1 cavallo e crediti a minuto per onze 12. A distanza di parecchi
anni però doveva ancora per resto di dote onze 35 al cognato Di Mar-
tino e onze 30 al cognato Di Vittorio, oltre a onze 16 a Giuseppe Muxia
90
per l’acquisto di seta . Eppure doveva disporre di una buona liquidità,
se nel 1634 era stato in condizione di prestare onze 420 al marchese
91
Francesco III .
E c’è da chiedersi che fine avesse fatto il resto della dote di France-
sca, che ammontava a onze 700: oro, argento, mobili e utensili di casa
(onze 200); contanti (onze 300); la grande casa nel quartiere della Fera
dove abitava, valutata allora onze 200 92 e che invece nel suo rivelo egli
valutava appena onze 78 e tarì 27, capitalizzando al 7 per cento il pre-
sunto canone di locazione di «onze cinque e tarì 15 l’anno, franca di
conzi». E dov’era finito l’oro e l’argento di Francesca, di cui non c’è trac-
cia nel rivelo? Si ha una ulteriore conferma che i valori dei riveli del
1636 erano ormai molto sottostimati e che la pratica della occultazione
di beni era alquanto diffusa.
Nei diciotto anni successivi il dottor Gaspare riuscì comunque a
quadruplicare il suo patrimonio netto, che nel 1652 ammontava a onze
1658, senza contare i mille ulivi nella contrada Mulino di Pollina, che
nel 1646 aveva donato al fratello sacerdote Baldassare come aumento
del patrimonio sacerdotale. La sua ricchezza non consisteva tanto negli
immobili (l’abitazione del quartiere Fera della moglie e metà della
grande casa del quartiere Vallone che la madre gli aveva lasciato in
comune con Baldassare), quanto nei beni mobili: oro e argento per onze
60, 3 cavalli, 5 giumente d’armento, 10 muli, 2 somari, 52 buoi, 56
vacche d’armento, 10 vitelloni, 7 vitelli, 600 pecore, 200 porci, salme
40 di grano, 15 di orzo e 3 di ceci e fave seminati in territorio di Petralia.
Era stato costretto però a contrarre dei mutui per complessive onze
90 Trp, Riveli, 1636, b. 952, cc. 424 sgg.
91 Cfr. Asti, notaio Francesco Prestigiovanni, b. 2311, 28 dicembre 1634, c. 199r.
92 Asti, notaio Bartolomeo Bonafede, b. 2454, 13 ottobre 1662, c. 56r: testamento di
Francesca Abruzzo.
n.43 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)