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                di asilo ai sensi dell’art. 10 della Costituzione Italiana e dell’art. 14
                della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo» 103 .
                   Il problema, dopo la rivoluzione del 1979, era ancora quello della
                violazione dei diritti umani dei cittadini persiani sia nel loro Paese che
                all’estero, non più per mano del Savak ma di esponenti del fondamen-
                talismo sciita.
                   Dopo lo scoppio della guerra ingaggiata da Saddam Hussein, molti
                furono gli arrivi di cittadini (e anche famiglie) iraniani, che per lo più
                concepivano il nostro Paese come luogo di passaggio. In Italia – i dati
                sono del 1983 – risiedevano 11.000 iraniani, di cui 7.500 studenti, e
                grande era il loro timore di venire espulsi e rimandati nel loro luogo di
                nascita. Alcuni decisero così di appellarsi al delegato dell’Unhcr in Ita-
                lia (l’iracheno Usamah Kadry) per ottenere lo status di rifugiato, visto
                che la riserva geografica vigente in Italia impediva agli iraniani di es-
                sere eleggibili per tale qualifica 104 .
                   Kadry molto si attivò e il 2 febbraio 1983 comunicò al prefetto
                Alessandro Voci (Direttore generale servizi civili, Ministero dell’In-
                terno) la lista degli iraniani che avevano richiesto asilo e che, «dopo
                il necessario esame», erano stati dichiarati rifugiati sotto il mandato
                dell’Alto commissario 105 . Si trattava di 178 persone (in grande mag-
                gioranza uomini), sei sposati con italiane, alcuni con figli (su 178,
                21 erano coloro che erano nati dopo il 1970, per lo più in Italia), la
                maggior parte laureati o studenti. Tutti dichiaravano di voler rima-
                nere nel nostro Paese; solo 14 ambivano trasferirsi in Canada e 3
                in Australia (dove avevano parenti). Erano giovani inseriti nel nostro
                tessuto sociale, con rapporti affettivi e di amicizia con cittadini ita-
                liani, spesso impegnati in ambito associativo e sindacale, tutti op-
                positori del regime di Teheran 106 .
                   Parere  critico  sull’intervento  dell’Unhcr  venne  formulato  dal  pre-
                fetto Giovanni Rinaldo Coronas, Capo della Polizia, che si lamentava
                per «la troppa superficialità» con cui era stata assegnata la qualifica
                da parte dell’Unhcr: soprattutto temeva che un trattamento preferen-


                   103  V. M. Vartanian, La comunità iraniana Di Roma nella storia e negli ultimi 50 anni,
                cit., pp. 19-20.
                   104  Sull’operato dell’Unhcr, cfr. A. Zapparoli Manzoni Bodson, The Making of Iranian
                Refugee: from Revolution to Asylum, «The Kiessling Papers», Trudeau Centre for Peace,
                Conflict and Justice, University of Toronto, Toronto, 2015.
                   105  Lettera di Usamah Kadry al prefetto Alessandro Voci, direttore generale servizi
                civili, 2 febbraio 1983, Acs, Mi, Gab, Archivio generale. fascicoli correnti, anni 1981-
                1985, b. 502, fasc. 17278 Profughi: /111 Profughi stranieri in Italia, s.f. 6, Profughi
                iraniani 102.
                   106  Iraniani riconosciuti rifugiati sotto il mandato Unhcr, febbraio 1983, Acs, Mi,
                Gab, Archivio generale. Fascicoli correnti, anni 1981-1985, b. 502, fasc. 17278 Profughi:
                /111 Profughi stranieri in Italia, s.f. 6, Profughi iraniani 102



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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