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Un nobile di frontiera da Malaga al Lario                        351


                    uomini non era diminuito, visto che non era diminuita la sua capa-
                    cità di mobilitarli perché lo servissero come soldati: «quando mi è
                    stato accresciuto numero più dell’ordinario», scriveva il 2 dicembre
                    1554 al Gran Cancelliere dello Stato, «mi son servito di italiani amici
                    et sempre gli ho trovati fidelissimi» .
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                       Egli poteva così disarmare i nemici dell’imperatore (e i propri) e
                    manifestare nel contempo il proprio favore a quanti lo servivano in
                    armi, i suoi ‘fedelissimi amici’, termine che indica un rapporto per-
                    sonale consolidato, non certo occasionale. In primo luogo ne man-
                    tenne molti a proprie spese, anche grazie alle rendite dei suoi feudi
                    napoletani. In secondo luogo concesse loro, assieme allo status giu-
                    ridicamente separato di soldati, l’esenzione dai carichi personali e la
                    licenza di porto d’armi, assai ambita quale segno di distinzione so-
                    ciale e quale indispensabile strumento di autodifesa e di dissuasione
                    nei confronti degli avversari personali. Naturalmente il valore reale
                    di tali privilegi aumentava nel momento in cui essi erano negati ai
                    più, incrementando il potere altrettanto reale di Rodrigo, che poteva
                    così rivendicare la prerogativa di richiedere ai governatori generali
                    dello Stato quegli stessi privilegi caso per caso, e in favore dei propri
                    sostenitori.
                       Risultava così rafforzato il legame personale tra gli amministrati
                    beneficati e un energico patrono che aveva dimostrato di essere di-
                    sposto a farsi sottoporre a ‘sindacato’, più volte, e persino ad allon-
                    tanare il vescovo per difendere i propri fedeli e le proprie preroga-
                    tive,  nonché  per  eliminare  qualsiasi  quinta  colonna  filo-francese
                    anche potenziale . Nei primi anni ’50 la «natura de signor Rodrigo
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                    d’Arze»  era  «cresciuta  in  […]  potenza»,  tanto  da  infliggere  ai  suoi
                    avversari  in  Como  «danno,  fatica,  et  spesa  grande»  e  persino  «ti-
                    more». A quel punto era lo stesso Consiglio cittadino a riconoscere
                    che  solo  un  podestà  dotato  di  «grado,  qualità,  integrità,  et  pos-
                    sanza», «arditamente defendendo li termini de la sua giurisditione»,
                    avrebbe potuto «esser giusto contrapeso à la terribilità» del castel-
                    lano e governatore e impedire a quest’ultimo di «pigliar la solita pos-
                    sanza, anzi signoria» .
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                       Anche i frequenti scontri con il podestà in merito alla giurisdizione
                    sui delitti compiuti dai militari – dai soldati regolarmente iscritti nei


                       57  Ivi, cart. 172, il governatore di Como a Francesco Taverna, 2 dicembre 1554; cart.
                    229, il governatore di Como al duca di Sessa, 27 settembre 1558.
                       58  Ivi, cart. 10, il cardinale Marino Caracciolo al governatore di Como, 12 gennaio
                    1537; il governatore di Como al cardinale Marino Caracciolo, 16 gennaio 1537; cart. 39,
                    il governatore di Como al marchese del Vasto, 9 luglio 1542.
                       59  Ivi, cart. 172, i deputati della Città di Como a Ferrante Gonzaga, 4 dicembre 1553.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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