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                centro milanese, in una formula che mantenesse alto il consenso tra
                gli amministrati. Senza contare il fatto che la vicinanza al confine el-
                vetico e grigione attribuiva al governatore un ruolo diplomatico, ossia
                di mediatore tra gli interessi dei sudditi, la politica regionale del centro
                milanese, quella globale asburgica e le istanze dei potentati vicini e di
                quei sudditi stranieri che nel Comasco possedevano beni e coltivavano
                interessi di natura economica e politica, e viceversa . Ruolo peraltro
                                                                   34
                sovrapponibile a quello ricoperto sul piano spirituale dal vescovo lo-
                cale, che in un caso, quello di Giovanni Antonio Volpi (1559-1588), fu
                nominato anche nunzio presso la Confederazione elvetica e le Tre Le-
                ghe (1560-1563, 1565-1579), e dotato di cospicui fondi, di poteri giu-
                risdizionali e delle ampie facoltà – inclusa quella di concedere l’ambito
                titolo di conte palatino, il titolo di dottore in utroque iure e quello di
                maestro in teologia – necessarie a esercitare un generoso patronage
                anche oltre confine .
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                   Negli anni ’40 e ’50 l’Arce si mosse in varie direzioni per trarre van-
                taggio dalle tensioni reali e futuribili lungo la frontiera che doveva pre-
                sidiare, onde crearsi una solida rete di fedeltà e incrementare la sua
                influenza in città e nel contado. Più volte osservò che molti sudditi
                comaschi avevano servito in armi il re di Francia e che molti tra i mi-
                lanesi all’epoca militanti sotto le bandiere del giglio, nonché tra i no-
                tabili filo-francesi svizzeri e grigioni residenti oltrefrontiera, mantene-
                vano nella città e nel suo contado legami parentali e amicizie anche
                tra le famiglie più eminenti del patriziato .
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                   Poco dopo avere assunto il proprio incarico ricordava all’allora go-
                vernatore generale, il cardinale Marino Caracciolo, che persino il ca-
                stellano  suo  predecessore  era  stato  «incolpato  suspecto  di  havere
                stretta intelligentia con alcuni de Lugano, sviscerati di Franza, et […]
                quella per tal effetto lo mandò remover di questo castello, et lo fece
                integrar in potere del ditto signor Conte [Camillo Borromeo]. Perho
                essendo il ditto olim Castillano habitante qua et havendoli bona ad-
                herentia et amicitia, mi è parso farlo saper a Vostra Signoria Reve-
                rendissima et per levar ogni ombreza, no seria fuorse male per servi-
                tio di Sua Maestà che con destro modo quella lo facesse levar di qua
                et andar a casa sua» . Quasi vent’anni dopo ribadiva di non potersi
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                   34  Materialien zur Standes- und Landesgeschichte Gem. III Bünde (Graubünden) 1463-
                1803, II, Texte, ed. F. Jecklin, Verlag der Basler Buch- und Antiquariatshandlung, Ba-
                sel, 1907, n. 670, 30 ottobre 1553, p. 143.
                   35  M.C. Giannini, Giovanni Antonio Volpi, in Dbi, C, Treccani, Roma, 2020, ad vocem.
                   36  Asmi, Carteggio, cart. 10, il governatore di Como al cardinale Marino Caracciolo,
                24 novembre 1537.
                   37  Ivi, cart. 10, il governatore di Como al cardinale Marino Caracciolo, 18 febbraio
                1537.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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