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Alle origini di Santa Maria dello Spasimo e dell’urbanizzazione di Palermo 463
la chiesa e il monastero, i beni burgensatici, l’«hospicium suum ma-
gnum» sito nel Cassaro e la torre «cum viridario prope» Castello a mare
ed erano presenti ancora viridaria, come quello detto de Discomia in
contrada Sabuchie (del Sabugia), e mulini, come quello in contrada
Aynisindi (Danisinni); nel 1354, più nulla: sui beni palermitani era
sceso il silenzio . Assieme alle volontà scritte e riscritte, era mutato
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anche il ruolo del conte esiliato dalla sua amata città. Nei suoi testa-
menti, dunque, il miles poi conte enumerava con fierezza tre palazzi:
il primo, ereditato dallo zio Matteo di Termini, nel Cassaro vicino porta
Busuldeni , donato alle clarisse per farne un monastero . Il secondo,
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più noto, l’hospicium magnum, sito sempre nel Cassaro nei pressi di
Palazzo reale ; grandioso con il suo aspetto di fortezza e dotato di co-
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modità poco comuni come il bagno privato , era ornato sulla facciata
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con lo stemma di famiglia. Il terzo, l’«hospicium vocatum de Turri cum
turri» sito in contrada Castello a mare, fuori della porta San Giorgio
(fig. 1), ricordato, oltre che nel testamento del 1345, nel contratto
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matrimoniale stipulato lo stesso anno tra la figlia Luisa e Guglielmo
Peralta in cui l’hospicium e il viridarium venivano assegnati alla figlia .
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5 Asp, Moncada, busta 1200, fasc. 39, cc. 27r -63v; fasc. 41, cc. non numerate;
Moncada, vol. 2170, cc. 149r-154v; Bcc, Tabulario, perg. 331.
6 Porta Bab as Sudan, poi detta Busuldeni (V. Di Giovanni, La topografia antica
di Palermo dal secolo X al XV, Palermo, 1889, rist. anast. Accademia Nazionale di
Scienze Lettere e Arti di Palermo, Palermo, 1995, vol. I, p. 93).
7 Veniva ricordato già nel primo testamento con un legato di sei onze e in quello
del 1345, quando la cappella della chiesa era prescelta come luogo di sepoltura.
Ancora nel 1348 la chiesa risultava incompiuta e il testatore legava cinquanta onze
per definirla (Asp, Moncada, busta 1200, fasc. 39, cc. 27r -63v; fasc. 41, cc. non
numerate; Bcc, Tabulario, perg. 331).
8 Nel testamento del 1333 il miles disponeva che i fedecommissari pagassero il
suo debito nei confronti di coloro che gli avevano venduto la casa per edificare il
palazzo (Asp, Moncada, busta 1200, fasc. 39, cc. 27r-63v).
9 L. Sciascia, Matteo Sclafani e l’eredità siciliana dei Peralta, in M.A. Russo (a
cura di), Giuliana e i Peralta tra Sicilia e Navarra. Incontro internazionale di studi
(Giuliana, 17 settembre 2000), Atti, Comune di Giuliana, 2002, p. 139.
10 Il 9-12-1406 nel palazzo «quod olim fuit condam comitis Mazei de Sclafano»
c’era un bagno privato derutum che avrebbe dovuto essere ripristinato. P. Sardina
(a cura di), Registri di Lettere Atti Bandi ed Ingiunzioni (1400-1401 e 1406-1408),
Municipio di Palermo, Palermo, 1996 (Acta Curie felicis urbis Panormi, 12), doc.
134, pp. 180-181.
11 Bcc, Tabulario, perg. 331.
12 M.A. Russo, I Peralta e il Val di Mazara nel XIV e XV secolo. Sistema di potere,
strategie familiari e controllo territoriale, Salvatore Sciascia editore, Caltanissetta-
Roma, 2003, Appendice III, doc. V, p. 377. Matteo Sclafani aveva avuto tre mogli,
Bartolomea Incisa, Agata Pellegrino e Beatrice Calvellis e due figlie, Margherita, di
primo letto, e Luisa, nata dalla terza moglie sposata anteriormente al 1326. Il ter-
minus ante quem può essere desunto da un atto del 18 ottobre del 1326, con cui il
notaio Enrico Crisafi, in qualità di procuratore di Matteo Sclafani e Beatrice
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)