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                mani da Lombardi Satriani e Meligrana (1975)  162 . Per il contesto ita-
                liano di fine del Settecento, la «dimensione antropologica» della ri-
                cerca dà spazio all’ingrediente della mentalità popolare per compren-
                dere a fondo il fenomeno delle insorgenze, il rapporto tra azione delle
                folle e coscienza politica 163 , offrendo un altrettanto ineludibile ter-
                reno d’analisi accanto alle dinamiche istituzionali e di conflitto tra
                poteri locali 164 .
                   A questo punto, l’aver inteso ripercorrere alcune fra le tappe più
                significative del dialogo storico-antropologico, soprattutto nella fortu-
                nata stagione degli anni Settanta, ci servirà a meglio mettere a punto,
                conclusivamente, qualche considerazione di prospettiva. Se il termine
                di «cultura arcaica», allora molto usato, può oggi apparire superato, la
                definizione che ne dava al principio degli anni Ottanta Mariano Meli-
                grana mi sembra ancora molto utile: arcaico non doveva cioè equiva-
                lere a inesistente, o a un’esistenza fossile, ma doveva significare il «rap-
                porto con la tradizione»; e la tradizione, conseguentemente, doveva es-
                sere intesa come un rimanere nella storia.
                   Così definita, la tradizione, di cui miti e riti sono componenti essen-
                ziali, è portatrice di utilitarismo, di tecniche di permanenza nella so-
                cietà storica, oltre le «crisi di presenza» che la storia stessa pone di
                fronte agli uomini. Di qui, pertanto, la funzione e funzionalità sociale
                del rituale. Nelle società europee di antico regime, rituale è innanzi
                tutto disposizione, gioco di parti, spessso secondo linee di contrasto.
                Appartiene agli ordini gerarchici della società, ma è significativo che
                ciascun ordine, tanto popolare che nobiliare, immagini il proprio si-
                stema di valori come universale, comune a tutta la gerarchia, terrena
                e cosmica. I termini di lettura di un sistema rituale e simbolico, dun-
                que, non possono che disporsi entro le due fontamentali coordinate
                del vivere sociale: l’ethos e il contesto. Il primo definisce i comporta-
                menti, le norme, i ruoli, reciprocamente diversi, di ciascun gruppo so-
                ciale; il secondo è il contenitore storico che produce il pattern o domi-
                nio culturale, ovvero il sistema valoriale di ancoraggio dei gruppi e de-
                gli  strati  ai  comuni  spazi  di  appartenenza,  che  sono  innanzi  tutto



                   162  A.M. Rao, La repubblica napoletana del 1799, in Storia del Mezzogiorno, di-
                retta da G. Galasso e R. Romeo, vol. IV/2. Dagli Angioini ai Borboni, Roma, Edizioni
                del Sole, 1986, pp. 469-539, pp. 501-504, 535 in nota.
                   163   La  questione,  com’è  noto,  fu  posta  originariamente  da  Georges  Lefebvre,
                Foules révolutionnaires,  in  «Annales  historiques  de  la  Révolution  française»,  11,
                1934, n. 61, pp. 1-26; cfr. Id., La Grande Peur de 1789: Suivi de Les Foules Révo-
                lutionnaires, Presentation de J. Revel, Paris, Armand Colin, 1988; Id., Folle rivolu-
                zionarie. Aspetti della Rivoluzione francese e questioni di metodo storico, Introdu-
                zione di M. Vovelle, Roma, Editori Riuniti, 1989 2 .
                   164  A.M. Rao, Folle controrivoluzionarie. La questione delle insorgenze italiane, in
                Ead., a cura di, Folle controrivoluzionarie cit., pp. 9-36.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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