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632 Francesco Campennì
Benigno al revisionismo storiografico in tema di rivoluzioni e culture
popolari del dissenso 153 .
Benigno appare, anzi, come il più deciso tra gli storici italiani con-
temporanei nell’abbandonare la prospettiva della cultura popolare,
perlomeno nelle linee secondo cui essa è stata affrontata nei decenni
scorsi. Egli si contrappone all’interpretazione dei puri aspetti rituali
della violenza popolare di P. Burke e W. Beik: a entrambi contesta di
sottovalutare «le tensioni sotterranee della politica che legano gruppi
e strati diversi» 154 .
Una critica che negli stessi termini Villari aveva rivolto a Burke 155 ,
per aver concentrato l’attenzione ai primi dieci giorni della rivoluzione
napoletana del 1647, cioè a una fase d’intenso simbolismo sacrale-
plebeo sotto la guida di Masaniello, quando proprio il rituale fece da
collante alle masse, rispetto alle successive fasi in cui, per la concor-
renza di diversi gruppi in cerca di spazio politico, il moto si sfaldò e si
divise 156 . Ma Benigno affronta ancora in più occasioni, prima e dopo
di Parole nel tempo, il tema dell’identità (politica?) dei gruppi contesta-
tivi popolari. In un articolo apparso su «Meridiana» (2021) 157 , studia
l’origine degli stereotipi di categorie sociali antagoniste (volta a volta
frondeurs, lazzaroni, ranters, streghe, Irish Travellers, briganti) come
incarnazione del male, oggetto di stigma da parte della cultura ege-
mone 158 , stereotipo di cui esse stesse finirebbero per servirsi a scopi
politici contingenti: aveva già rilevato questo processo di cirolarità cul-
turale nel caso dei lazzari napoletani, nel loro farsi protagonisti della
153 Oltre al più recente Rivoluzioni cit., cfr. Id., Specchi della rivoluzione. Conflitto
e identità politica nell’Europa moderna, Roma, Donzelli, 1999.
154 F. Benigno, Violenza cit., p. 126.
155 R. Villari, Masaniello: Contemporary and Recent Interpretations, in «Past and
Present», n. 108, 1985, pp. 117-132, poi tradotto in Id., Elogio della dissimulazione.
La lotta politica nel Seicento, Roma-Bari, Laterza, 1987, pp. 81-106.
156 P. Burke, The Virgin of the Carmine and the Revolt of Masaniello, in «Past
and Present», n. 99, 1983, pp. 3-21. Sulla categoria storiografica del «dramma so-
ciale» e sull’approccio performativo nello studio dei rituali, Id., Performing History:
The Importance of Occasions, in «Rethinking History», 9, 2005, n. 1, pp. 35-52; Id.,
Cultural History, Ritual and Performance: George L. Mosse in Context, in «Journal
of Contemporary History», 56, 2021, n. 4, pp. 864–877. Sul potere dei simboli, P.
Bourdieu, Sur le pouvoir symbolique, in «Annales. Economies, sociétés, civilisa-
tions», XXXII, 1977, n. 3, pp. 405-411.
157 F. Benigno, Tra storia e scienze sociali: la costruzione sociale del male, in
«Meridiana», n. 100, 2021, pp. 97-118.
158 Si richiama al sociologo statunitense Jeffrey C. Alexander e alla sua teoria del
«posizionamento simbolico» degli individui o gruppi nelle società: J.C. Alexander, La
costruzione del male. Dall’Olocausto all’11 settembre, Bologna, il Mulino, 2006. Ma la
teoria dello stigma sociale era stata già affrontata da Kai T. Erickson, Streghe, eretici e
criminali. Devianza e controllo sociale nel XVII secolo, Roma, Carocci, 2005.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)