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524 Stefano Vinci
stati preunitari italiani, utilizzata per la edificazione della legislazione
sanitaria nazionale .
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Si trattava, quindi, di un protocollo di misure preventive che si ri-
petevano ciclicamente per la difesa dai contagi (non solo la peste, il cui
ultimo fenomeno in Europa si registrò a Taranto nel 1945 , ma anche
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il vaiolo o il colera nell’Ottocento), secondo una politica di governo
della sanità che si sarebbe andata delineando sempre più nel corso
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del tempo e che avrebbe previsto l’igiene pubblica e privata, l’istitu-
zione di lazzaretti, la separazione dei malati dai convalescenti, la qua-
rantena per le navi, la limitazione degli scambi commerciali, il divieto
di assembramenti.
L’adozione di queste misure si fece però più difficile nel Novecento,
quando la dimensione della città, non più cinta da mura, ma indu-
strializzata, con flussi di merci e uomini in vortiginoso movimento, non
consentiva un agevole «esilio a casa propria» (efficace espressione uti-
lizzata da Albert Camus nel celebre romanzo La peste) come in pas-
sato. Ciò determinò le difficoltà di gestione verificatesi con l’esplosione,
a livello mondiale, dell’influenza spagnola, la quale, diffusasi nell’ul-
tima fase della Grande Guerra, non rese possibile quegli interventi che
avevano avuto buon esito fino all’Ottocento, come restrizioni di viaggio,
controlli alle frontiere o cordoni sanitari terrestri. Fu così, quindi, che
i focolai epidemici viaggiarono insieme ai militari e ai prigionieri in
transito, in un contesto nel quale la poca cura per l’igiene dei luoghi e
delle persone favorì il contagio. Le strategie possibili, adottate dalle
autorità sanitarie locali – con sensibili differenze da luogo a luogo –
furono rivolte alla chiusura o limitazione di tutte le attività aggregative
27 Sull’argomento rinvio a R. Cea, Il governo della salute nell’Italia liberale. Stato
igiene e politiche sanitarie, Milano, 2019 ed alla bibliografia ivi contenuta.
28 Cfr. A. Leone, Taranto fra guerra e dopoguerra: il minamento della rada di Mar
Grande (1943) e l’episodio epidemico di peste bubbonica (1945), «Cenacolo. Rivista
storica di Taranto», N.S. XII (XXIV), 2000, pp. 149-188; B. Bramanti, K.R. Dean, L.
Walløe, N.C. Stenseth, The third plague pandemic in Europe, Proceedings B Royal Society
Publishing 2019, p. 4; G. Maticheccia, La peste bubbonica nella Taranto del dopoguerra,
in Buonasera Taranto, Anno XXVIII, n. 62 (17 marzo 2020), p. 15.
29 Osserva Ascheri, Rimedi per le epidemie cit., p. 38, che non si potrà parlare, prima
del Settecento, di una scienza della legislazione e dell’amministrazione per il tempo di
epidemia in senso moderno, perché il progetto dei giuristi delle epoche precedenti non
discende da una piena e sistematica trasposizione sul piano giuridico-amministrativo
delle esigenze sanitarie accertate dalla scienza medica del tempo, quanto piuttosto da
un bagaglio di prescrizioni derivate per lo più dal sistema giuridico tramandato e vi-
gente. Alla fine del Settecento, ad esempio, troviamo il primo trattato di igiene e sanità
pubblica scritto da J.P. Frank, Sistema compiuto di polizia medica, Milano, 1829, nel
quale l’Autore diede corpo scientifico a una impostazione amministrativa dell’igiene pub-
blica su cui fondare una politica sanitaria statuale. Cfr. Alibrandi, In salute e malattia
cit., p. 17.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Agosto 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)