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           Regno una adunanza di nobili al suo servitio, e per questo può credere
           che sempre la troverà pronta a sparger il sangue per il suo servitio» 117 .
              È già stato sottolineato come forse non sia stato casuale che un’ac-
           cademia di natura militare-cavalleresca abbia visto la luce nella capitale
           siciliana giusto durante il viceregno di don García: va ricordato, infatti,
           che proprio il padre, il viceré di Napoli Pedro de Toledo, aveva ordinato
           tra il 1543 e il 1547 la chiusura delle accademie letterarie partenopee
           in quanto sospettate di avere fomentato alcune rivolte popolari antigo-
           vernative 118 .  Memore,  forse,  dell’esperienza  paterna  e  in  risposta  ai
           precedenti napoletani, il viceré di Sicilia pensò bene di fare delle acca-
           demie un formidabile baluardo in difesa delle istituzioni e uno stru-
           mento di corroborazione del potere monarchico.
              Della corte di don García doveva, a mio giudizio, far parte pure Marco
           Antonio Martines, un erudito palermitano, assai probabilmente di origine
           iberiche, interessato in primo luogo alle tematiche riguardanti la geo-
           grafia  dell’isola  e  la  storia  siciliana,  ricostruita,  questa,  attraverso  le
           fonti, soprattutto le classiche. Di Martines ci è giunto unicamente un
           manoscritto,  il  De situ Siciliae 119 ,  riconducibile  agli  anni  Settanta  del
           Cinquecento e terminato nel dicembre del 1580, un’opera di certo pen-
           sata per essere data alle stampe, che si colloca nel solco della tradizione
           storiografica inaugurata, all’incirca un ventennio prima, dal ben più ce-
           lebre Tommazo Fazello con le sue Decades Duae (Palermo, 1558).
              Nel giugno del 1566, infatti, don Fabio Bologna, capitano della città
           di Palermo e delegato speciale del viceré, pagava un acconto a un reli-
           gioso  mazarese  perché  dipingesse  su  tela  una  mappa  della  Sicilia
           esemplata sul modello di quella già realizzata, o meglio fatta realizzare,
           proprio da Marco Antonio Martines   120 . Quasi due mesi dopo l’opera
           doveva  essere  completata:  alla  fine  del  luglio  successivo,  infatti,  il
           pittore veniva saldato per i suoi servizi e al contempo rimborsato per le
           spese sostenute per l’acquisto di tela, carta e altri materiali 121 . Il riferi-
           mento all’erudito se da un lato trova spiegazione nell’interesse scienti-
           fico dello studioso per la geografia della Sicilia, dall’altro offre qualche
           ulteriore spunto di riflessione sull’argomento. È improbabile che un
           letterato quale Martines abbia mai potuto realizzare da solo una carta
           geografica dell’isola, tanto meno poi così esatta e attendibile da richia-
           mare l’attenzione del viceré Toledo che, in quanto uomo di mare, era



              117  D. Montoliu, Les académies siciliennes cit., p. 44.
              118  Ivi, pp. 20-21.
              119  M.A. Martines, De situ Siciliae et insularum adjacentium libri tres, (ms. del XVI
           secolo), Bcp, 3 Qq B 70.
              120  Si trattava di don Salvatore Nicotra; Aspa, Notai defunti, Giuseppe Fugazza, reg.
           6791, c. 1374r.
              121  Ivi, c. 1574r.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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