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           gens d’armes a gentilhommes 111 , avrebbero qualificato gli spazi destinati
           a questi preziosi animali, stalle e scuderie monumentali, quali ambienti-
           chiave, assieme ad armerie e gallerie, delle più prestigiose dimore dell’alta
           aristocrazia del vecchio continente – non a caso nella stessa villa toledana
           di Pozzuoli già «un edificio exento se dedicaba a caballerizas» 112 .


           Una accademia e una carta della Sicilia per Filippo II

              Al momento pressoché nulla è noto, poi, riguardo all’ambiente cul-
           turale della corte di don García, quasi che il suo impegno incessante
           sui mari implicasse paradossalmente che le sale e le anticamere dei
           palazzi reali siciliani restassero deserte e che anche nei suoi soggiorni
           palermitani o messinesi il viceré non si accompagnasse che a condottieri
           e uomini d’armi, lui che era cresciuto in una delle più raffinate corti ri-
           nascimentali d’Italia, quale quella napoletana, tra gli ozi e i piaceri del
           Castel Nuovo e della villa di Pozzuoli 113 . Eppure pian piano, come era
           più che prevedibile, la non ricca documentazione archivistica restituisce
           indizi preziosi che consentono di ricostruire, sebbene solo in piccola
           parte, gli interessi culturali e gli orientamenti estetici di García de To-
           ledo, il suo ruolo come mecenate e come committente, troppo spesso
           sino a oggi schiacciato, per non dire occultato, dalla sua “ingombrante”
           figura  di  condottiero,  in  una  presunta  dicotomia  fra  i  due  ruoli  del
           tutto inaccettabile per un principe della prima età moderna.
              Non  va  dimenticato  che  proprio  don  García,  committente  delle
           grandi cavallerizze dei due palazzi reali siciliani, negli stessi mesi in
           cui aveva dato avvio a quei cantieri, si era fatto promotore a Palermo
           di una congregazione «intitulata La Cavallaria», ossia la meglio nota
           Accademia dei Cavalieri 114 . Le attività vennero solennemente inaugurate




              111  Mutuo l’espressione dal titolo dell’interessante contributo sull’argomento di K. van
           Orden, From Gens d’armes to Gentilshommes. Dressage, civility, and the Ballet à Cheval,
           in K. Raber and T.J. Tucher (ed.), The Culture of the Horse. Status, Discipline, and Identity
           in the Early Modern World, Palgrave Macmillan, New York, 2005, pp. 197-222.
              112  C.J. Hernando Sánchez, La cultura de villa entre Nápoles y España cit., p. 25.
              113  Sulla vita di corte napoletana, sulla committenza artistica di don Pedro e sui cosid-
           detti “fasti toledani”, cfr. S. Musella Guida, Don Pedro Alvarez de Toledo. Ritratto di un
           principe nell’Europa rinascimentale, «Samnium», LXXXI-LXXXII, 21-22, pp. 239-353, non-
           ché E. Sánchez García (a cura di), Rinascimento meridionale cit.
              114  Sull’Accademia dei Cavalieri, cfr. S. Salomone-Marino, La congregazione dei
           Cavalieri d’armi e le pubbliche giostre in Palermo nel secolo XVI. Notizie e documenti,
           «Nuove effemeridi siciliane», s. III, V (1877), pp. 103-139, e soprattutto il recente studio
           di D. Montoliu, Les académies siciliennes sous le règne des Habsbourg (1559-1701),
           Tesi di Dottorato, Université Toulouse II-Le Mirail/Scuola Normale Superiore di Pisa,
           3 voll., 2012.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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