Page 210 - 2
P. 210
678 Fabrizio Filioli Uranio, Gaetano Sabatini
Introduzione
La storiografia si è a lungo interrogata sulla schiavitù: trattandosi
di un istituto che affonda le sue radici nell’epoca classica, la pratica
della schiavitù è passata attraverso trasformazioni, non solo dal punto
di vista degli ordinamenti cui era sottoposta e che ne garantivano de
iure l’esistenza, ma anche dal punto di vista delle dimensioni. È ben
noto che con l’allargamento dei confini geografici che segna la fine del
Medioevo una sempre crescente quantità di manodopera viene ridotta
in condizione schiavile, ma mentre fino ad ora è stato molto esplorato
il campo di studio legato alla schiavitù atlantica, non altrettanto si può
1
affermare per il mondo mediterraneo . Un’attenta analisi del fenomeno
ci mostra come il Mare Nostrum nel corso dell’età moderna non solo
calamitava una parte dei flussi di schiavi altrimenti destinati maggio-
ritariamente alle Americhe, ma anche era popolato di schiavi “indigeni”,
originari delle stesse sponde mediterranee. Questo fenomeno raggiunse
in età moderna dimensioni non trascurabili: si calcola che tra il 1500
e il 1800 in Europa abbiano vissuto e prestato il loro servizio circa dieci
2
milioni di schiavi .
Se è cosa per lo più nota la maniera in cui questi uomini e queste
donne cadessero in schiavitù, e conosciamo anche in che modo questi
individui potevano essere riscattati, molto meno ci si è interrogati su
cosa gli schiavi rappresentassero. Erano una merce e come tale erano
soggetti a certe regole di mercato (incontro tra domanda e offerta, scar-
sezza del bene, ecc.) ma, allo stesso tempo, erano una merce molto par-
ticolare. Potevano infatti avere la prospettiva di essere liberati, di essere
riscattati dalla loro condizione di cautivos e, proprio per questo, pote-
vano esercitare un potere di contrattazione attivo affinché si addive-
nisse a un accordo per la loro liberazione. Gli schiavi costituivano
quindi una sorta di merce attiva, il cui valore era espressione non solo
delle logiche di mercato, ma anche di una psico-sociologia dei prezzi,
su cui sino ad ora non ci si è soffermati con sufficiente attenzione.
La storiografia si è finora avvalsa - quando l’ha fatto - solamente di
un approccio al problema di tipo econometrico e statistico, facendo
rientrare gli schiavi in una categoria di merce standard, senza eviden-
ziare tutti i livelli di contrattazione che venivano messi in atto per la
definizione finale del prezzo di un uomo. Solo a partire dal 2008 Michel
Fontenay ha finalmente operato una distinzione tra il valore d’uso e il
valore di scambio di uno schiavo, definizione sulla quale hanno poi con-
1 A tal proposito si rimanda per lo più a: S. Bono, Schiavi. Una storia mediterranea
(XVI-XIX secolo), Il Mulino, Bologna, 2016.
2 Ivi, passim.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)