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778 Giovanna Tonelli
contavano dieci tipi di camicie differenti; nel ’62 pure le attestazioni di
«mantili» (variante di «mantini», tovaglioli in milanese ) erano dieci,
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mentre nel ’78 furono compresi nella stessa voce delle tovaglie . Nel
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bilancio di commercio del 1778 sono elencate però merci che non com-
parivano nel ’62, probabilmente perché allora erano state inglobate in
diciture onnicomprensive quali «opere diverse». Mi riferisco ai para-
menti liturgici e agli arredi sacri, a una serie di accessori dell’abbiglia-
mento (guardinfanti, busti, cappelli con passamanerie d’oro, manti-
glie), alle maschere, ai quadri, prodotti che potevano essere acquistati
in una Milano molto diversa da quella degli anni sessanta. La Milano
dell’ottavo decennio del XVIII secolo, che con l’insediamento in città
dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo-Lorena e della consorte dopo più
di due secoli dalla scomparsa dell’ultimo Sforza vantava di nuovo una
propria corte, «centro della vita mondana […] e […] punto di riferi-
mento obbligato per un’aristocrazia di cui la coppia regnante condivi-
deva largamente i gusti e le idee» . Per questo motivo ho inserito nelle
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pagine seguenti anche prodotti non tessuti, ma derivati comunque dal
lino, realizzati con la carta, fabbricata allora con gli stracci. Ventagli,
dunque, tabacchiere di cartapesta, quaderni «di memorie», carte da
gioco, articoli propri di un Settecento «di corte», che traspare anche
dal lessico: in un documento da presentare agli organi di governo locali
e viennesi, qual era un bilancio di commercio, non si scriveva più come
negli anni sessanta «busa», «bindello», «galetta» , ma «forata», «nastro»,
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«bozzolo».
Differenze fra il bilancio del ’62 e quello del ’78 in fatto di merci e di
«nomenclatura» merceologica, e differenze talvolta anche nel valore dei
beni.
A quest’ultimo proposito la considerazione più immediata e ovvia è
che erano passati più di quindici anni fra la stesura del primo bilancio
e la redazione del secondo. Non meraviglia, quindi, che vi fossero state
variazioni nel valore dei beni, se non fosse che alcune sono di entità
tale da suscitare perplessità. Per esempio, il valore del nastro di filo di
35 Cvm, alla voce «Mantìn».
36 Cfr. le relative attestazioni presenti nelle pagine seguenti con G. Tonelli, Un filo di
voci cit., pp. 58, 64-65, 72, 89, 102, 114-118-119.
37 C. Capra, Il Settecento, in D. Sella-C. Capra, Il Ducato di Milano dal 1535 al 1796,
Utet, Torino, 1984, pp. 434-437, citazione a p. 435; E. Riva, La corte dell'arciduca Fer-
dinando Asburgo Lorena, governatore di Milano (1771-1796), in A. Cascetta, G Zanlonghi
(a cura di), Il teatro a Milano nel Settecento. I contesti, Vita e Pensiero, Milano, 2008, pp.
1-18; C. Capra, L’Arciduca Ferdinando d’Asburgo a Milano tra governo dello Stato e vita
di corte, in A. Culturato e A. Merlotti (a cura di), La festa teatrale nel Settecento. Dalla
Corte di Vienna alle corti d’Italia. Atti del Convegno Internazionale di Studi. Reggia di
Venaria, 13-14 novembre 2009, Libreria Musicale Italiana, Lucca, 2011, pp. 237-246.
38 G. Tonelli, Un filo di voci cit., pp. 56, 84.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)