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776 Giovanna Tonelli
come invece, per esempio, nello Stato sabaudo . Nel Ducato era la-
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sciato al singolo operatore scegliere il metodo da adottare nella fila-
tura; né si interveniva sulla consuetudine di sottoporre le sete a trat-
tamenti con materiali oleosi per facilitare l’incannatura . Inoltre – a
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detta di Scorza – tutte le fasi della lavorazione della fibra erano affidate
a una manodopera non sempre all’altezza del lavoro che compiva. Vi
s’impiegava – scriveva – «ogni sorta d’operai», e anche in questo caso
con qualche responsabilità da parte dello Stato, e nel lungo periodo: il
problema della disciplina del lavoro si sarebbe protratto infatti per
tutto il Settecento, e oltre . E le ripercussioni sulla qualità dei prodotti
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di operazioni svolte in modo non del tutto corretto, con tecniche non
sempre all’avanguardia e da una manodopera non di rado non suffi-
cientemente specializzata non erano di poco conto: i filati realizzati nel
Ducato non erano robusti come quelli d’oltre Ticino, tanto che talvolta
si rompevano quando erano lavorati a telaio .
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Molteplici, infine, le cause che compromettevano la competitività
dei manufatti serici lombardi: la manodopera – come abbiamo com-
preso – non sempre adeguata ai compiti che doveva svolgere, macchi-
nari carenti in fatto di «squisitezza», scarsa «applicazione all’inven-
zione»; su tutti la mancanza di un articolo che caratterizzasse la pro-
duzione locale.
Parma e Torino hanno de’ lustrini – specificava Scorza – Bologna de’ veli,
Firenze delle moelle e signorie, Zurigo delle battavie, e de’ nastri, Vicenza de’
droghetti, Genova delle saglie, de’ damaschi, e de’ velluti, Vigevano de’ fazzo-
letti, Lione poi ogni sorta di drapperia. Noi – concludeva, sferzante – imitiamo
tutti 28 .
D’altra parte proprio l’imitazione delle stoffe straniere aveva con-
sentito la ripresa della tessitura milanese di drappi dopo la flessione
secentesca, tanto da poter parlare di una «rinnovata vitalità» del set-
tore fin dai primi decenni del XVIII secolo . Un consolidarsi, quindi,
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24 C. Poni, Standard, fiducia e conversazione civile: misurare lo spessore e la qualità
del filo di seta, «Quaderni Storici», A. 32, n. 3 (1997), p. 719.
25 C. Cova, L’alternativa manifatturiera, in S. Zaninelli (a cura di), Da un sistema
agricolo a un sistema industriale: il Comasco dal Settecento al Novecento, vol. I: Il difficile
equilibrio agricolo-manifatturiero (1750-1814), Camera di Commercio, Industria e Agri-
coltura di Como, Como, 1987, pp. 165-166.
26 Vds, p. 120; C. Cova, L’alternativa manifatturiera cit. pp. 166-167.
27 B. Caizzi., Industria, commercio e banca in Lombardia nel XVIII secolo, Banca Com-
merciale Italiana, Milano, 1968, pp. 99-104.
28 Vds, p. 120.
29 L. Mocarelli, Una realtà produttiva urbana nel secolo dei lumi. Milano città atelier,
Club, Brescia, 2001, pp. 139-150.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)