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«Lini» e «sete» nel Bilancio di commercio dello Stato di Milano del 1778 773
conoscere il significato delle denominazioni di questi beni scambiati
sulle piazze del Ducato e il valore delle singole merci, ho preso in con-
siderazione entrambe le fonti focalizzando l’indagine sulle fibre tessili
e sui prodotti che ne derivavano.
La ricerca condotta sui dati del 1762 ha consentito, in effetti, di
attribuire un significato a termini sconosciuti o di non immediata com-
prensione, come «calamacco», «capicciola», «foladino», «parosina», «po-
lomito» e a vocaboli che nell’immediato non rimandano la mente al
tessile: penso a «bella-villa», «caffa», «doppione», «fioretto», «trippa» . Ha
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permesso, inoltre, di conoscere il valore dei singoli prodotti in com-
mercio, un’informazione che contribuisce non poco alla piena com-
prensione del significato dei termini, oltre ad essere indispensabile per
operare confronti fra le merci. Non da ultimo, è emersa una quantità
e una varietà di beni tale da far comprendere appieno perché al mer-
cato milanese si riforniva di beni prodotti sia in loco sia all’estero an-
che chi risiedeva al fuori dei confini del Ducato . Vi si potevano repe-
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rire, infatti, oltre duecento tele differenti di lino o in misto lino, una
cinquantina di drappi di seta diversi, una quarantina di cascami di
seta , solo per fare qualche esempio. E si tratta di stime in difetto,
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perché i bilanci di commercio erano stilati sui dati estrapolati dai re-
gistri delle dogane, i documenti più fedeli per rilevare l’andamento
dell’import-export, ma non precisi per diversi motivi. Non vi era regi-
strato, per esempio, quanto era importato attraverso il «Corriere di
Lione e di Lindò [Lindau]» , parte, quindi, delle merci che provenivano
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da due importanti bacini di rifornimento per lo Stato di Milano, quali
erano le aree d’oltralpe servite da questi trasportatori. Inoltre, come è
intuibile, e come era sottolineato dall’Intendenza generale [di Finanza],
le operazioni di dogana non erano sempre eseguite in un modo inec-
cepibile , una mancanza di precisione che si ripercuoteva sulla regi-
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strazione delle esazioni. Infine, il tariffario: i beni, in alcuni casi, erano
raggruppati in una sola denominazione «dominante». Per esempio, di-
verse varietà di stoffe di seta erano comprese nella voce «Drappo di
5 G. Tonelli, Un filo di voci fra le pagine di Pietro Verri. Merci e «prezzi» del tessile nello
Stato di Milano (anni sessanta del Settecento), FrancoAngeli, Milano 2018, pp. 55, 61,
67, 72, 82-83, 100, 114, 120.
6 Ead., La Milano degli Asburgo: “città emporio”, sovrana nell’organizzazione del com-
mercio internazionale, in R. Cancila (a cura di), Capitali senza re nella Monarchia spa-
gnola. Identità, relazioni, immagini (secc. XVI-XVIII), Associazione no profit “Mediterra-
nea”, Palermo, 2020, t. I, pp. 187-204
7 G. Tonelli, Un filo cit., pp. 55, 58, 64, 67-68, 72-74, 76, 80, 82, 102-103, 114-119.
8 P. Verri, Bilancio generale del commercio cit., p. 561, § 75; sul Corriere di «Lindò»:
B. Caizzi, Il corriere di Lindau, «Società e storia», A. XI (1988), pp. 856-866.
9 Cfr. lo scritto di Stefano Lottinger del 22 dicembre 1781, conservato presso l’Asm,
Finanze, p.a., cart. 1107.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)