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Sudditi milanesi schiavi dei barbareschi. Riscatti, procedure, profili 623
Conclusioni
Nell’epoca moderna la Lombardia asburgica, pur fungendo da re-
trovia – militarmente e logisticamente rilevante – dei teatri mediterra-
nei e balcanici, non fu esentata dal fronteggiare direttamente il pro-
blema della cattura e della riduzione in schiavitù di suoi cittadini da
parte dei corsari maghrebini, levantini e delle forze ottomane. Di tale
fenomeno storico, sulla base di una documentazione di prima mano
frammentaria e discontinua, si sono ipotizzate una curva ascendente
nel secondo Seicento, con un picco di intensità nella prima metà del
Settecento, e una curva discendente nell’ultimo trentennio del secolo.
Dei sudditi lombardi non pochi furono i militari che, al servizio degli
Asburgo, caddero in mani islamiche. In tale congiuntura sei-settecen-
tesca, in effetti, si resero necessarie istituzioni, risorse e politiche ade-
guate. Sorsero così, in ambiente urbano, confraternite laiche “per il
riscatto degli schiavi”, intitolate alla ss. Trinità e alla B.V. della Mer-
cede e collegate alla romana Arciconfraternita del Gonfalone in una
maniera ancora da appurare. Nei negoziati furono direttamente coin-
volte le massime autorità statali, Governatore e Senato. Al nuovo con-
vento milanese dei trinitari scalzi, in seguito, fece capo una solida rete
per la raccolta di fondi, estesasi ben oltre i confini lombardi. Con que-
sti passaggi storici, insomma, anche lo Stato di Milano si inseriva in
maniera permanente nel globale mercato della “redenzione dei cap-
tivi”, attraverso una struttura ‘mista’ per istituzioni e per interessi (ci-
vile e religiosa, pubblica e privata, caritativa e mercantile).
Il relativo successo dell’impresa della redenzione fu possibile grazie
all’appoggio e alla protezione accordati ai trinitari dalle istituzioni mu-
nicipali e centrali dello Stato milanese, ovvero dal ceto patrizio che le
animava; e al patronato regio che favorì l’operato dei religiosi in una
sfera di autonomia economica e ‘politica’, tanto rispetto all’Ordine tri-
nitario stesso quanto rispetto alle autorità ecclesiastiche locali. Ciò
consentì ai padri, non senza suscitare invidie e rivalità, di inserirsi a
pieno titolo nella società corporata lombarda: un’appartenenza identi-
taria specialmente manifesta nelle elaborate cerimonie per il rimpatrio
degli schiavi affrancati, organizzate in sinergia con la curia arcivesco-
vile e con il cuore decurionale del potere aristocratico. D’altro canto, i
trinitari milanesi seppero per diversi decenni muoversi di concerto con
gli altri attori e operatori che agivano sulla scena internazionale nelle
complesse operazioni di redenzione dei captivi: i confratelli di Roma,
amministratori del legato Arconati; quelli di Livorno, di Spagna, di
Vienna, di Germania e quelli (molto più a rischio) presenti in terra
islamica, specialmente negli ospedali di Algeri e di Tunisi; i consoli di
varie nazioni cristiane, i mercanti e i mediatori; le corti e le curie.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)