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620 Emanuele Pagano
sarebbe meglio lasciargli gemere per sempre sotto il giogo della schiavitù, che
procurarne il riscatto. Così non s’infesterebbe maggiormente il Paese di uo-
mini tristi e perniciosi allo Stato 47 .
Contro attacchi così violenti i trinitari scalzi di Milano s’erano
premuniti, per un verso delegando la propria causa ai confratelli di
Vienna, per un altro verso rinverdendo legami e protezioni presso il
ceto dirigente patrizio, esso pure, peraltro, soggetto alla crescente
pressione del riformismo asburgico. Nei carteggi governativi si di-
ceva che i frati avessero cercato l’appoggio dell’influente senatore
Nicola Pecci e che godessero del favore del giovane arciduca Ferdi-
nando, giunto a Milano nel 1771. Perciò i massimi fautori della linea
giurisdizionalista – il conte Firmian a Milano e il cancelliere Anton
Wenzel von Kaunitz-Rittberg a Vienna – si mossero con prudenza,
ma anche con determinazione. I bilanci del convento milanese erano
visionati ormai dal regio Economato e quando i frati, tra il 1770 e il
1773, ottennero di nuovo dall’imperatrice il permesso di organizzare
la questua, il governo ribadì i limiti più stretti di questa: i trinitari
dovevano accontentarsi delle spontanee elemosine che i fedeli ver-
savano nella loro sede milanese, senza più avvalersi della rete di
parroci, predicatori e notai. E i proventi dovevano destinarsi ai soli
schiavi «nazionali». Sull’operato dei trinitari milanesi, del resto, pe-
sava ormai un giudizio lapidario: «Il titolo della redenzione delli
schiavi nazionali serve principalmente a fomentare l’ozio de’ pochi
religiosi i quali non intraprendono mai verun viaggio né espongono
la loro vita per la redenzione de’ medesimi» .
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La raccolta fondi, di conseguenza, subì una flessione in tutta l’area
gestita dal convento milanese. Un sacerdote di Modena lamentava la
cosa al procuratore dei trinitari nel 1772: tre schiavi modenesi da ri-
scattare e i denari bastavano a malapena per uno . Occorreva dunque
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concentrare risorse e missioni. La sinergia con i confratelli trinitari
tedeschi si fece più frequente. L’impressione è che negli anni Settanta
il convento dei trinitari in Monforte fosse ormai esautorato e quasi
svuotato di ogni funzione effettiva, a vantaggio della gestione statale
austro-lombarda e dei trinitari di area austro-tedesca, in una
47 Memoria anonima «Riscatto de’ schiavi», Asmi, ag, Culto, p.a., b. 1817, fasc. 4
“P.G. Redenzione” cit.
48 Un funzionario del governo milanese al cancelliere Kaunitz, aprile 1770, ivi, con
le repliche di quest’ultimo, 16 aprile 1770 e 16 dicembre 1773.
49 Lettera da Modena al padre Teodoro di s. Giovanni Battista, procuratore della
redenzione, 22 gennaio 1772, Asmi, ag, Culto, p.a., b. 2170 (ove sono i conti del convento
milanese).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)