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Assistenza e nationes nella Monarchia asburgica: il “laboratorio italiano”   237


                    Cinquecento, quando alcuni di loro sono chiamati a far parte della
                    Junta de Noche, l’organismo preposto ad affiancare il sovrano nella
                    fatica burocratica quotidiana e nelle scelte politiche.
                       Punto di riferimento intellettuale di questo gruppo è l’umanista va-
                    lenziano Fadrique Furió Ceriol, autorevole esponente del contrattuali-
                    smo di origine aragonese e fedele consigliere di Luis de Requesens y
                    Zúñiga, fratello di Juan de Zúñiga, durante il suo governo nelle Fian-
                    dre. Proprio Furió Ceriol, nel suo famoso trattato Consejo y consejeros
                    del principe (Anversa, 1559), tradotto in più lingue, teorizza come la
                    beneficenza non debba essere intesa come prova della liberalità del
                    principe, ma come iniziativa dal carattere pubblico, mirata a miglio-
                    rare le condizioni generali: essa rientra, quindi, all’interno di una con-
                    cezione della sovranità che ha come  obiettivo principale il bene dei
                    sudditi. Proprio questo è il principio che viene tradotto in pratica da
                    Juan de Zúñiga, prima, quando è ambasciatore a Roma, dove crea la
                    confraternita della Santa Resurrezione, con l’intento di offrire agli spa-
                    gnoli una struttura in grado di promuovere catene di solidarietà e in-
                    tegrazione, e poi, allorché diviene viceré di Napoli, dove moltiplica le
                    iniziative, soprattutto nei confronti dei militari e dei loro familiari, af-
                    fiancando alle strutture preesistenti un conservatorio per fanciulle e
                    un collegio per orfani.
                       Non è un caso che tutte queste attività comincino ad addensarsi
                    negli anni Settanta del Cinquecento: è proprio con le prime aspre ri-
                    bellioni al potere monarchico nelle Fiandre che, per la prima volta in
                    tutta la sua cocente drammaticità, si impone il problema di offrire ri-
                    cetto a coloro che fuggono dai territori in rivolta per rimanere fedeli
                    alla fede cattolica e al sovrano. La vicenda delle clarisse fiamminghe
                    in fuga dalle violenze dei Paesi Bassi per riparare nella penisola iberica
                    e lì, nei pressi di Lisbona, dare vita, sotto la protezione regia, al mona-
                    stero di S. Maria de la Quietación in Alcantara, mette in luce diversi
                    aspetti interessanti. Emerge, da un lato, come siano dominanti negli
                    attori sociali del tempo elementi identitari che vanno al di là del luogo
                    di nascita e della lingua comunemente parlata e che sono invece con-
                    nessi a un’idea di hispanidad che radica in una fede militante e in una
                    fedeltà inveterata alla corona; dall’altro, come il re cattolico, e con lui
                    il gruppo dirigente della Monarchia alla fine del Cinquecento, sia con-
                    sapevole della necessità di tutelare i sudditi dediti al suo servizio, of-
                    frendo loro riparo nel momento del bisogno, e di promuovere l’integra-
                    zione fra le diverse nationes sulla base di un principio di “giustizia
                    distributiva”, sottolineato anche da molti arbitristas.



                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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