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                   Sono queste le idee che producono il sorgere, sin dai primi anni del
                Seicento – allorché la corona non è più in grado di sostenere in toto un
                sistema assistenziale in costante crescita – di un circolo virtuoso di
                pratiche, narrazioni, teorizzazioni che danno vita, a loro volta, a ulte-
                riori  esperienze  assistenziali.  In  questo  contesto,  un  ruolo  determi-
                nante hanno le donne, religiose e non, delle cui vere e proprie imprese
                transfrontaliere  nel  campo  dell’aiuto  umanitario  e  della  mediazione
                l’autrice dà appassionato conto nel secondo e nel terzo capitolo del
                volume.  È  proprio  attraverso,  anche  se  non  solo  esclusivamente,
                l’opera e gli scritti di queste donne – che trovano un punto di riferi-
                mento  in  Isabella  Clara  Eugenia  d’Asburgo,  governatrice  dei  Paesi
                Bassi – che l’idea che l’azione di governo della Monarchia debba con-
                sistere nell’integrare le diverse comunità nazionali, a cominciare dagli
                individui in difficoltà e letteralmente spaesati, diviene un patrimonio
                diffuso: un auspicio che trova una formidabile cassa di risonanza nel
                volume dedicato alla Monarchia di Spagna di Tommaso Campanella,
                che raccomanda la cura nei confronti dei soldati feriti lontani dai loro
                luoghi di origine e l’incoraggiamento dei matrimoni dei soldati spagnoli
                in missione con donne del luogo, come il filosofo vede avvenire con
                grande facilità a Napoli.
                   Campanella sarà deluso nelle sue aspirazioni, tuttavia dalla storia
                dettagliata dei diversi ospedali che l’autrice ci restituisce, compatibil-
                mente con la documentazione reperita – cosa non facile, soprattutto
                per  le  istituzioni  di  minori  dimensioni  –,  è  possibile  rendersi  conto
                come queste strutture di accoglienza e di cura, con tutto ciò che ruota
                loro attorno – confraternite, collegi, conservatori –, siano anche strut-
                ture di interrelazione e di integrazione fra le diverse nationes della Mo-
                narchia. Si tratta di un livello di interazione più basso, a livello sociale,
                di quello portato avanti dalle élites aristocratiche, che per tradizione
                coltivano politiche matrimoniali transfrontaliere, ma forse proprio per
                questo in grado di alimentare il consenso diffuso nei confronti del so-
                vrano, ancorché lontano. Ed è per questo che, oltre alla crescente ge-
                nerosità di privati donatori, queste strutture sono in grado, seppur con
                fatica, di drenare risorse dalla corona o dai bilanci dei diversi domini,
                riuscendo a mantenere per molto tempo un precario equilibrio tra en-
                trate e uscite e a garantire prestazioni mediche, formazione al lavoro,
                doti nuziali per le ragazze povere, microcredito e molteplici altri servizi
                altrimenti molto difficili da reperire. Inoltre, proprio la loro funzione di
                stazioni di posta di un’umanità sofferente, in movimento da un luogo
                all’altro  dell’insieme  politico  asburgico  –  spesso  soldati  avvezzi  alla




                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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