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Assistenza e nationes nella Monarchia asburgica: il “laboratorio italiano”   241


                    vita li hanno condotti. È questo un fine politico perseguito con una
                    costanza che scaturisce da un’intima convinzione. Non riconoscerne
                    la portata significa depauperare la sua biografia riducendone gesti e
                    intenzioni alla ricerca del proprio guicciardiniano “particulare”: un er-
                    rore di prospettiva in cui facilmente si cade, per questo personaggio
                    come per altri, quando per guardare alle vicende politiche di antico
                    regime si utilizza senza correttivi il paradigma clientelare. Sicuramente
                    le amicizie e le relazioni personali sono importanti, come sottolinea
                    Novi Chavarria, accennando alla formazione giovanile del gruppo di
                    gentiluomini, ma la loro analisi non va disgiunta dal tentativo di com-
                    prendere le motivazioni ideologiche dei singoli personaggi, a maggior
                    ragione quando, come in questo caso, plasmano in maniera decisa la
                    realtà nella quale si trovano a operare. Ciò che emerge con forza, nella
                    fattispecie, è lo sforzo tendenzialmente sistemico per assicurare unità
                    alla composita e variegata Monarchia e alle sue molteplici nationes.
                       Le diverse articolazioni “nazionali”, peraltro, lungi dal derivare da
                    un ipotetico ius loci, appaiono il frutto di articolati processi di autode-
                    finizione e di eterodefinizione. La rigidità che separa nella Penisola ibe-
                    rica castigliani da catalani, navarrini, valenzani e così via, si stempera
                    al di fuori di essa, facendo sì che tutti i sudditi del re cattolico che
                    vengono da un luogo lontano, anche i fiamminghi e i tedeschi che mi-
                    litano nei tercios, di stanza in Italia, vengano compresi sotto la defini-
                    zione di spagnoli. Ma vi è anche il caso di famiglie radicate da tempo
                    nella  Penisola  italiana  che  rivendicano  la  loro  hispanidad,  in  forza
                    dell’origine e del rango e grazie a strategie politiche che privilegiano
                    matrimoni castigliani: è il caso, riportato nel volume, del principe di
                    Ascoli, Antonio Luís de Leyva, appartenente a una famiglia da cinque
                    generazioni  stanziata  in  Italia,  che  nel  1648,  dettando  il  suo  testa-
                    mento, costituisce un monte dotale a favore di giovani orfane spagnole,
                    continuando  così  a  mantenere  un  legame  identitario  che  il  tempo
                    avrebbe potuto far sbiadire.
                       Parallelamente, al di fuori della Penisola italiana, italiani non sono
                    considerati solo coloro che appartengono ai soli domini della Monar-
                    chia, ma tutti coloro che provengono da realtà che possono vantare
                    una relazione privilegiata con essa: Genova in primis, il Granducato di
                    Toscana e, soprattutto, Roma. Da questi territori sono sempre origi-
                    nari gli amministratori dell’ospedale madrileno di S. Pietro. Tuttavia,
                    l’appartenenza nazionale dei beneficiari delle prestazioni della strut-
                    tura è interpretata in maniera assai più elastica. Significativo è il caso
                    di  Leonardo  Capuano,  cochero  y  trompeta  mayor  del  Rey,  de  los



                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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