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48 Francesco Gaudioso
Nell’ambito dell’Europa cattolica, la storiografia che s’è, finora, occu-
pata delle disposizioni per l’anima (donationes, testamenta, legata pro
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anima, pro remedio animae, pro animae redemptione, ad pias causas) ,
fatte in vita da coloro che volevano assicurarsi post mortem tutti i suf-
fragi necessari per una buona morte cristiana, ha centrato l’attenzione
sull’aspetto volontaristico manifestato attraverso gli strumenti della
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mediazione notarile (testamenti, donazioni mortis causa e inter vivos) .
Il complesso degli atti pro anima, seppure non riferito, com’è stato rile-
vato dalla storiografia testamentaria, alla maggioranza della popola-
zione devota , suscitava, nella fase di adempimento dei lasciti a favore
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della Chiesa, una serie di problemi, la cui risoluzione era demandata
al vescovo, che, sin dalla legislazione giustinianea, assunse le funzioni
di vero e proprio giudice delle cause pie con la facoltà di esercitare uno
stretto controllo e vigilanza sull’esecuzione delle disposizioni, anche
informali, fatte dai testatori e dai donanti .
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In una siffatta prospettiva, il concilio di Trento, nella sessione XXII
(17 settembre 1562), approvò il canone VIII, in virtù del quale i
vescovi, «in casibus a iure concessis», dovevano essere gli esecutori
«omnium piarum dispositionum, tam in ultima voluntate, quam inter
vivos», facendo adempiere «omnia, quae ad Dei cultum aut animarum
salutem seu pauperes sustentandos», nonostante «quacumque con-
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suetudine, etiam immemorabili, privilegio aut statuto» . La nomina
dei vescovi a esecutori dei legati pii, come si rileva dall’analisi degli
atti notarili, era, del resto, disposta dagli stessi testatori allorquando
1 Sulle valenze giuridico-religiose di tali forme dispositive, cfr. il classico lavoro di
M. Falco, Le disposizioni «pro anima». Fondamenti dottrinali e forme giuridiche, Bocca,
Torino, 1911.
2 Cfr., per il Regno di Napoli, F. Gaudioso, Domanda religiosa e mediazione notarile
nel Mezzogiorno moderno, Congedo, Galatina, 1999.
3 Com’è stato rilevato per alcune realtà territoriali, il livello di rappresentatività della
pratica testamentaria si sarebbe attestato tra il 4 e il 6% per il territorio vicentino e tra
il 12 e il 25% per la città di Vicenza, nel corso del Cinque-Seicento; tra l’8 e il 10% per
la diocesi di Lecce nei secoli XVII e XVIII; mentre la pratica testamentaria in Francia
avrebbe raggiunto un valore massimo del 15% per la città di Parigi tra il Cinque e il Set-
tecento. Cfr., in tal senso, S. Lavarda, L’anima a Dio e il corpo alla terra. Scelte testamen-
tarie nella Terraferma veneta (1575-1631), Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti,
Venezia, 1998 ; F. Gaudioso, Domanda religiosa e mediazione notarile cit.; P. Chaunu,
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La mort à Paris XVI , XVII et XVIII siècles, Fayard, Paris, 1978.
4 Per questi aspetti, cfr., ora, F. Treggiari, Minister ultimae voluntatis. Esegesi e
sistema nella formazione del testamento fiduciario. I. Le premesse romane e l’età del diritto
comune, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, pp. 226 sgg.
5 G. Alberigo, G.A. Dossetti, P.P. Joannou , C. Leonardi, P. Prodi (a cura di), Conciliorum
Oecumenicorum Decreta, ed. III, Istituto per le Scienze Religiose, Bologna, 1973, p. 740.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018 n.42
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)