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Gaudioso (saggi)_4  25/04/18  11:47  Pagina 51






                   In nome del morto. Vescovi e testamenti dell’anima nel Regno di Napoli (secoli XVI-XVII)  51


                      In questa sede si analizzerà, nell’ambito del Regno di Napoli, la let-
                   teratura giuridico-religiosa di provenienza ecclesiastica, prodotta nel
                   corso dei secoli XVI-XVII, al fine di fornire strumenti di difesa per i
                   vescovi e di legittimità della consuetudine («antica e immemorabile»)
                   dei cosiddetti testamenti dell’anima, una prassi diffusa in quasi tutte
                   le diocesi regnicole, come risultava dall’inchiesta, avviata il 22 ottobre
                   1580, dalla Segreteria di Stato di Roma, in collaborazione con la Nun-
                                                              18
                   ziatura Apostolica e con il viceré di Napoli . L’indagine conoscitiva
                   era finalizzata ad accertare l’entità e la diffusione di tali informali
                   testamenti, «soliti farsi da alcuni vescovi o altri ecclesiastici in cotesto
                   regno a nome di quelli defunti che moreno ab intestato». In partico-
                   lare, si volevano «intender le ragioni» addotte dai vescovi, ai quali si
                   richiedeva di fornire «le necessarie e documentate informazioni in
                   scritto de l’autorità che tengono ne l’uso sopradetto, come et per qual
                   cagione et effetto et quando fu introdotto, chi ne ha data lor facultà,
                   con qual sorte d’espeditione et come è da loro usata» . Era una que-
                                                                       19 .
                   stione molto complessa, resa ancor più accesa dalle denunce degli
                   eredi dei morti intestati e delle stesse comunità locali. Per tali ragioni,
                   il successivo 28 ottobre, il nunzio apostolico Fantino Petrignani, in
                   una lettera indirizzata al segretario di Stato, Tolomeo Galli, dovette
                   ammettere che le lamentele, in alcune diocesi, non erano, certo, prive
                   di fondamento, soprattutto in quelle di Alife (Terra di Lavoro) e di
                   Oppido (Calabria Ultra). Sulla base di questi elementi a sua cono-
                   scenza, il nunzio non poteva negare la consuetudine («in vero potrà
                   esser vi sia tal uso»), e, soprattutto, gli abusi («potrà anche stare che
                   da alcuni vescovi sia abusato»); e, per tali ragioni, avrebbe richiesto
                   a tutte le diocesi regnicole di fargli pervenire «piena et larghissima
                                 20
                   informatione» .
                      Le risposte giustificative vennero raccolte in un memoriale (Delle
                   dispositioni che chiamano testamenti soliti farsi da alcuni vescovi o altri
                   ecclesiastici nel Regno di Napoli) , che, trasmesso alla Segreteria di
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                   Stato, documentava i termini della questione e costituiva, assieme alle
                   risposte vescovili, una ricostruzione, di parte ecclesiastica, di quella
                   che era, in alcune diocesi, una «antica et immemorabile consuetudine»,
                   in virtù della quale, «morendo alcuna persona facoltosa o che lasci
                   beni, o heredità senza havere fatto testamento o altra dispositione delle



                      18  La relativa documentazione è conservata in Asv, Segreteria di Stato, Napoli, 322,
                   cc. 94r-95r.
                      19  Ibidem.
                      20  Ivi, Napoli, 7, c. 405r-v.
                      21  Ivi, cc. 395r-398r.


                   n.42                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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