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In nome del morto. Vescovi e testamenti dell’anima nel Regno di Napoli (secoli XVI-XVII) 49
esprimevano la volontà che a vigilare sulla loro ultima volontà fossero
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gli ordinari diocesani .
Per incentivare il ricorso allo strumento testamentario con finalità
religioso-devozionali, il diritto canonico introdusse una disciplina e
una serie di formalità che differivano e contrastavano con le norme
del diritto civile, generalizzando le fattispecie testamentarie e defi-
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nendo testamento ogni disposizione di ultima volontà, per la cui for-
malizzazione «la legge canonica si contenta della sola prova naturale
di due testimoni, overamente di una scrittura privata, scritta, o sot-
toscritta dal testatore, e d’ogn’altra specie di prova naturale, senza
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solennità alcuna» . La conseguenza di una simile impostazione com-
portava, nella prassi, numerose deroghe al regime civilistico: possi-
bilità di morire «pro parte testatus et pro parte intestatus», di testare
in presenza di donne e di omettere il nome dell’erede; facoltà di det-
tare le proprie disposizioni «nutu», rispondendo alla domanda del
notaio con un semplice gesto o un cenno del capo; possibilità di rimet-
tersi alla volontà del terzo per nominare i propri successori e l’esecu-
tore; facoltà di legare «quid incertum» (per restituire «omnia per eum
illicite extorta»); possibilità, talvolta, di legare beni appartenenti ad
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altri . Al di là di queste caratteristiche, l’unica condizione necessaria
per la validità del lascito pio era che sussistesse la capacità di testare
e la volontà (anche segreta) del disponente, manifestata attraverso un
fiduciario, il «Minister ultimae voluntatis». In tal modo, lo stesso «ter-
mine testamento non è da riferire a particolari forme tipiche dell’atto
di ultima volontà, determinanti per la sua validità, ma è da intendere
in senso generico, come manifestazione anche solo sostanziale’ del-
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l’ultimo volere» .
6 Cfr. F. Gaudioso, Domanda religiosa e mediazione notarile cit.
7 «La legge canonica non fa le distinzioni che si fanno dalla legge civile […] tra li testa-
menti solenni e non solenni, overo tra li scritti, e li non scritti, anzi ne meno tra li testa-
menti, e li codicilli, ma pigliando generalmente per testamento ogn’ultima volontà, e
caminando più tosto con la verità naturale, che con le superstiziose sottigliezze della
legge civile, costituisce due sorti di ultime volontà: una cioè sopra le disposizioni pie, e
l’altra sopra le profane, overo temporali» (G.B. De Luca, Il Il Dottor volgare, overo il com-
pendio di tutta la legge Civile, Canonica, Feudale e Municipale, nelle cose più ricevute in
pratica […,], libro nono, parte prima, Delli testamenti, e codicilli e dell’altre ultime volontà,
stamperia di Giuseppe Corvo, Roma, 1673, p. 27).
8 Ivi, pp. 27-28. Il diritto della Chiesa, trasformando in precetto giuridico il detto delle
Scritture per cui «in ore duorum vel trium stet omne verbum», derogava all’osservanza
delle norme civili, in quanto il diritto giustinianeo prevedeva 7 testimoni per i testamenti
e 5 per tutte le altre disposizioni di ultima volontà (cfr. F. Treggiari, Minister ultimae
voluntatis cit., pp. 280-283).
9 F. Treggiari, Minister ultimae voluntatis cit., pp. 289-290.
10 Ivi, p. 14.
n.42 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)