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              All’85° posto, Giovanni de Garresio 111 , quindi Parisio de Barba 112 ,
           Giacomo de Damiata   113  e di nuovo un gruppetto di cinque signori feu-
           dali, aperto da Giovenco de Gangalandi 114  e formato da Federico d’Ales-
           sio, Riccardo de Thori 115 , Ribaldo Fasano 116  e Nicola Urgillatis.
              In 93 posizione è collocato Perbono (Pietro Bono o Perobó) de Calan-
                   a
           drino o Calandrí 117 . Lo seguono Francesco (Cicco) de Graziano e più



           grafico cit., n. 414, p. 320; A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390)
           cit., p. 170; M. Moscone, Un modello di documento semipubblico nella Sicilia tardomedie-
           vale: la designatio syndicorum di Palermo e Messina per l’ambasceria del 1338 a Bene-
           detto XII cit., p. 515.
              111  Iohannem de Garresio. Cittadino di Agrigento, ereditò col fratello Bartolomeo dal
           padre Rainaldo e dalla madre Marchisia, figlia di Lamberto Montaperto, i feudi Chicalbi
           (Montallegro) e San Lorenzo (Montaperto di Agrigento) che davano 30 once di reddito
           (1335). Il fratello gli vendette Aynchucaffa (o Chiuccafi) per 50 once (1336). Nella divi-
           sione del feudo San Lorenzo (1339), dove era anche un casale abitato, gli toccarono 2/3,
           uno per successione, l’altro per donazione dei genitori. A. Marrone, Repertorio della feu-
           dalità siciliana (1282-1390) cit., p. 182.
              112  Dominum Parisio de Barba. La famiglia Barba risulta insediata nelle isole maltesi
           e a Noto e imparentata con i Landolina. A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana
           (1282-1390) cit., pp. 72-75.
              113  Iacobum de Damiata.
              114  Appartenente ad una famiglia ghibellina di antica nobiltà toscana, due esponenti
           della quale saranno espulsi nel 1341 perché accusati di complicità con Scalore degli
           Uberti, nel 1348 sarà a capo della rivolta popolare palermitana. I. Peri, La Sicilia dopo il
           Vespro. Uomini, città e campagne, 1282-1376 cit., p. 151; C. Bilello, F. Bonanno, A. Massa
           (a cura di), Acta Curie felicis urbis Panormi, 9 (Registro di lettere 1350-1351) cit., doc. 49,
           p. 65; L. Sciascia, Introduzione a Ivi, pp. XXXVII, XXXIX; P. Sardina, Palermo e i Chiaro-
           monte: splendore e tramonto di una signoria. Potere nobiliare, ceti dirigenti e società tra
           XIV e XV secolo cit., p. 19.
              115  Supponiamo possa trattarsi del miles che nel 1338 firma a Palermo come Ricardus
           de Tetis quale testimone nella procura per chiedere al papa il riconoscimento di Pietro
           II. Cfr. M. Moscone, Un modello di documento semipubblico nella Sicilia tardomedievale:
           la designatio syndicorum di Palermo e Messina per l’ambasceria del 1338 a Benedetto
           XII cit., p. 515.
              116  E. Lo Cascio (a cura di), Il Tabulario della Magione di Palermo (1116-1643) cit.,
           doc. 503, p. 270: Raymbaldus de Fasana de Policio (1308). Probabilmente imparentato
           col Ribaldu Faxana di Polizzi, citato in H. Bresc, Reflets dans une goutte d’eau: le carnet
           de Girard de Guy, marchand catalan à Termini (1406-1411), in Id., Una stagione in Sicilia
           cit., II, pp. 396 s., 399, 418.
              117  Ricostruirà il castello di Patellaro (Battalari) presso Bisacquino (circa 1353). Il re
           d’Aragona Pietro IV il Cerimonioso nel 1355 chiederà sia a lui, sia a Guglielmo Peralta e
           ad altri catalani, in quanto suoi sudditi (naturals), la liberazione di Giacomo Valguarnera,
           non sapendo chi di loro lo tenesse prigioniero. Sarà convocato da Federico IV (1356). Fu
           capitano di Corleone (1361). Il figlio omonimo disporrà l’edificazione di una cappella inti-
           tolata a S.Nicola nella chiesa di S. Maria del Bosco di Calatamauro, per la propria sepol-
           tura e perché nella stessa tomba fossero traslate le ossa del padre, il quale era sepolto
           nel Patellaro, e di un suo fratello, sepolto nel castello di Calatamauro. A. Marrone, Reper-
           torio della feudalità siciliana (1282-1390) cit., p. 97; S. Fodale, Su l’audaci galee de’ Cata-
           lani (1327-1382). Corona d’Aragona e Regno di Sicilia dalla morte di Giacomo II alla
           deportazione di Maria cit., p. 107.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018       n.43
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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