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Le relazioni commerciali tra Venezia e Malta alla fine del XVII secolo 537
di colori, in particolare biacca, cinabro e minio. Considerato l’elevato
costo del prodotto, il ricevitore si premurava di segnalare – forse dietro
espressa richiesta dei Procuratori – il nome del negoziante presso cui
si serviva. Sappiamo, pertanto, che a fornire i colori all’Ordine era il
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«mercante di questa piazza» Lorenzo del Bon . Simili garanzie di qua-
lità erano richieste anche per un’altra merce, altrettanto preziosa e
delicata: i cristalli, che in gran parte provenivano da Murano, come si
può leggere nelle note spese, nelle quali si fa riferimento ai costi d’im-
ballaggio e di trasporto dall’isola veneziana alla capitale, e poi al loro
traferimento al porto di Malamocco, dove erano infine imbarcati per
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Malta . A realizzare gran parte delle lavorazioni vetraie, che andavano
dalle «lastre bianche da finestra» per il palazzo del Gran Maestro, ai
bicchieri (molto apprezzati quelli di «cristallo fino a campanella») fino
alle «luci di specchio» , era Giovanni Berengo presso il Lionfante d’oro
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di Murano.
Alla duplice natura, militare ed ospedaliera dell’Ordine possono poi
essere ricondotte numerose altre commesse. Di frequente, infatti, si
trovano ben distinte le provvisioni per «servitio de’ vasselli» e delle
galere –che comprendevano filo di rame e di ferro, spade “alla schia-
vona”, fucili, berrette – da quelle per la Sacra Infermeria, cui erano
destinati rifornimenti di farmaci, di composti chimici e di minerali
(mitridato, sublimato corrosivo, trementina, argento vivo, precipitato
rosso, bezoar orientale, perle orientali minute da pestare, olio di rosma-
rino “pietra lazula”, gomma lacca, sal d’assenzio). Un discorso a parte
meritano la teriaca e l’acqua di Nocera. La prima proveniva in gran
parte dalla bottega speziale “della Madonna”, ed era richiestissima per
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le virtù medicamentose che possedeva . La seconda, invece, come
denuncia il nome stesso, non era di produzione veneziana, ma umbra.
Importata in larghissime quantità a Venezia, l’acqua termale prove-
55 Asmomve, DCCLXXV, Atti del Capitolo (1659-1677), VI, cc. 44r-46r.
56 ivi, cc. 7r-8v.
57 Con questo termine si intendevano «lastre di vetro per la successiva lavorazione in
specchio» (F. Trivellato, Fondamenta dei vetrai cit., p. 301).
58 Come riferisce il Tassini, gli speziali veneziani avevano trovato una ricetta che aveva
reso la loro teriaca rinomata in tutto il mondo. «I veneziani appresero la ricetta della
teriaca dai greci e dagli arabi, ma, mediante la finezza e il riconoscimento degli aromi e
delle altre sostanze, l’esattezza ed uniformità della composizione, e le cure del Magistrato
alla Sanità, poterono giungere ad alta rinomanza in modo che gli stessi popoli d’Oriente,
un tempo i soli manipolatori del segreto d’Andromaco, non prestarono più fede al altra
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teriaca che alla veneziana» (G. Tassini, Curiosità veneziane […], Filippi, Venezia 1970 ,
p. 617). A tal riguardo si veda anche W. Panciera, L’economia: imprenditoria, corporazioni,
lavoro, in P. Del Negro, P. Preto (a cura di), L’ultima fase della Serenissima, Storia di Vene-
zia dalle origini alla caduta della Serenissima, VIII, Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
Roma 1998, p. 479-553.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)