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Robuschi (saggi)_4  14/12/18  09:31  Pagina 532






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                 mercanzie . Non era poi inusuale che per farsi anticipare cifre maggiori
                 i capitani e i patroni offrissero come garanzia del futuro pagamento gli
                 utili che si aspettavano dal viaggio o persino i carati dell’imbarcazione
                 da loro posseduti. Negli atti della Cancelleria sono presenti numerose
                 testimonianze al riguardo. L’11 settembre 1681, ad esempio, il maltese
                 Albino Portoghese quondam Alessandro, in partenza da Venezia con il
                 petacchio La Madonna della Consolazione San Giuseppe e Sant’Antonio,
                                                                            41
                 fece richiesta di «qualche somma di denari a cambio marittimo» . Il rice-
                 vitore acconsentì e prestò ben 500 ducati in monete d’oro e d’argento al
                 capitano, il quale s’impegnò a saldare il proprio debito entro un mese
                 dal suo arrivo a Malta, dando come garanzia i carati da lui posseduti
                 del petacchio e allegando, come prova, una procura rilasciatagli da un
                 notaio maltese .
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                    Il continuo ricorrere degli stessi nomi in relazione ai patroni, ai capi-
                 tani (tavv. 8a/8b) e agli assicuratori delle imbarcazioni noleggiate o i
                 cui viaggi vennero finanziati dal ricevitore dell’Ordine a Venezia lascia
                 intuire l’esistenza di una gilda maltese molto ben organizzata, che
                 aveva approfittato dei continui approvvigionamenti di cui aveva bisogno
                 Malta e degli sgravi fiscali goduti alla dogana, per conquistare il mono-
                 polio dei traffici con l’isola. In più, visto che raramente le stive delle
                 imbarcazioni noleggiate dal ricevitore venivano totalmente riempite
                 dalle merci richieste dall’Ordine, i capitani potevano imbarcare merci
                 per conto proprio o per terzi. I destinatari dei carichi, sempre gli stessi,
                 erano altri capitani o negozianti maltesi, che collaboravano tra loro.
                 Questo permette di spiegare la grande attenzione con cui l’Ordine vigi-
                 lava, chiedendo puntualmente conto di guasti, incidenti e avarie avve-
                 nute durante la navigazione. Infatti, se capitani, patroni e assicuratori
                 erano gli stessi (e spesso lo erano per generazioni), nulla avrebbe impe-
                 dito loro di avvantaggiarsi sui cavalieri, pretendendo risarcimenti per
                 naufragi o attacchi di corsari fittizi, contando sull’omertà o la piena
                 acquiescenza di equipaggi e testimoni facilmente corruttibili o, peggio,
                 parti interessate nella frode. Tali malversazioni, inoltre, erano agevolate
                 dalle procedure sommarie del diritto commerciale, in base al quale era
                 permesso «alle parti di domandare l’assemblea di mercanti o capitani
                 versati nella materia della lite» 43  affiché giudicassero i singoli casi.
                 Certo che, se l’intero sistema mercantile maltese era parte dell’intera
                 consorteria, non vi era modo di punire i colpevoli. In mancanza di
                 un’analisi prosopografica che permetta di verificare legami e parentele



                    40  Asmomve, DCCLXXV, Atti del Capitolo (1659-1677), VI, c.12r.
                    41  Asmomve, DCCLXXVI, Atti del Capitolo (1669-1686), VI, cc. 112r-114r.
                    42  ibid.
                    43  P. De Bono, Sommario di Storia della Legislazione cit., p. 248.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018     n.44
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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