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                può rilevare attraverso i censimenti generali della popolazione: «I rile-
                vamenti del primo periodo repubblicano mostrano la tendenza alla di-
                minuzione percentuale della comunità cristiana: dall’8,1% del 1940 al
                7,3% nel 1960 e al 6,7% in occasione del censimento del 1966. La
                diminuzione  è  anche  il  risultato  dell’emigrazione,  soprattutto  della
                borghesia copta, verso gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia per sfug-
                gire alla politica di nazionalizzazione ed egizianizzazione messa in pra-
                tica dal presidente Gamal ‘Abd al-Nasser» .
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                   A livello di politiche migratorie, la situazione iniziò parzialmente a
                cambiare nel 1967, quando anche da parte governativa si allentarono
                i disincentivi all’espatrio. Con la morte di Nasser nel 1970, poi, questo
                processo conobbe un’accelerazione. Il percorso che portò all’elimina-
                zione delle restrizioni verso l’emigrazione culminò nel 1974 con l’abro-
                gazione del visto in uscita, ed era legato alle novità politiche nell’area
                del Medio Oriente dopo il 1973 e all’aumento del prezzo del petrolio. I
                paesi del Golfo Persico divennero infatti attrattivi per la manodopera
                egiziana, sia per quella scarsamente qualificata sia per quella specia-
                lizzata . Fino ad allora l’emigrazione egiziana si era diretta prevalen-
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                temente verso l’America del Nord, l’Europa centrale e i paesi vicini,
                come la Libia, ma ora si aprivano nuove strade e opportunità, guardate
                con  interesse  dalla  classe  dirigente  egiziana,  che  giudicava  quella
                verso il Golfo Persico un’«emigrazione perfetta», capace di garantire af-
                flusso di rimesse, scambio di competenze, il tutto consolidato dalla
                prossimità religiosa e culturale. A fianco dell’emigrazione per motivi di
                lavoro coesisteva l’emigrazione per motivi di studio, che portò migliaia
                di giovani a formarsi in università americane ed europee, soprattutto
                in ambito medico e ingegneristico. Nella prima metà del decennio, non
                è inoltre da sottovalutare la reazione dei giovani egiziani all’introdu-
                zione della ferma lunga del servizio militare, introdotta da Sadat pro-
                prio dopo la guerra del Kippur del 1973. La partenza verso l’estero,
                meno difficile rispetto al passato, rappresentava anche una strategia
                per evitare il servizio militare.
                   La nuova politica migratoria maturata nei primi anni Settanta era
                legata alla stagione di Sadat, che avviò una politica più incline alla
                liberalizzazione dell’economia rispetto a quella di Nasser. Suo obiettivo
                era quello di usare l’emigrazione come ammortizzatore delle tensioni
                sociali interne, per riequilibrare i redditi, ma anche come strumento




                   12  A. Melcangi, I copti nell’Egitto di Nasser. Tra politica e religione (1952-70), Carocci,
                Roma, p. 39.
                   13  P. Fargues, Arab Migration to Europe: Trends and Policies, «International Migration
                Review», 4 (2004), pp. 1348-1371.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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