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L’emigrazione egiziana in Italia negli anni Settanta del Novecento   139


                    legislativo  sull’immigrazione;  l’anno  successivo  anche  le  confedera-
                    zioni sindacali Cgil Cisl e Uil sollecitarono il governo a intervenire sulla
                    materia .
                            23
                       In alcune aree del nostro paese, nel corso di quel decennio, la pre-
                    senza straniera iniziò a perdere le caratteristiche “di nicchia”, ma si
                    connotò come un fenomeno ormai stabile e consolidato, radicato in
                    comparti occupazionali anche molto diversi tra loro. Il bollettino dio-
                    cesano di Parma «Vita Nuova» pubblicava il 26 novembre 1977 un ar-
                    ticolo in cui era messa in evidenza la dimensione plurale e per certi
                    versi “matura” dell’immigrazione straniera in Emilia, all’interno della
                    quale importante risultava la componente egiziana:

                       Il fenomeno è troppo recente per presentarsi con una fisionomia ben pre-
                    cisa e dettagliata, ma si tratta pur sempre di una realtà ormai innegabile e
                    proprio in Emilia (meno nella Romagna) sta prendendo corpo in maniera sem-
                    pre più notevole il reclutamento di operai stranieri. È noto come la Fiat di
                    Modena, per esempio, ha dovuto assumere 50 egiziani per il lavoro alle fonde-
                    rie, ma il caso Fiat non è certo il solo. Anche in mancanza di dati precisi (sin-
                    dacati e imprenditori sono abbastanza restii a parlarne) possiamo ugualmente
                    offrire al lettore qualche indicazione di episodi analoghi. Rimanendo nel campo
                    dell’industria, non meno di 250 sarebbero gli egiziani assunti a Reggio Emilia
                    come operai, alle officine Gallinari lavorano 200 turchi impiegati ai forni e
                    all’uso di manodopera straniera è dovuta ricorrere un’altra fonderia, questa di
                    Bologna, che produce pezzi per macchine agricole. La stessa cosa è accaduta
                    alle acciaierie di Rubiera, alle fonderie di Montecchio, alla Lombardini di Reg-
                    gio, alla Leonardi, una ventina sono infine i cileni che lavorano da metalmec-
                    canici in piccole e medie aziende modenesi. Ma il fenomeno non tocca solo il
                    settore industriale e tanti altri sono gli immigrati esteri che troviamo impiegati
                    nella nostra regione nelle mansioni più varie, soprattutto nel settore terziario:
                    pompe di benzina, tavole calde, bar, macellerie, perfino nel personale parame-
                    dico, senza contare poi le numerose collaboratrici domestiche portoghesi, afri-
                    cane o asiatiche 24 .

                       L’articolo proseguiva raccontando la presenza dei migranti nell’am-
                    bito della ristorazione e in agricoltura. Proprio in riferimento al lavoro
                    nelle campagne, si ipotizzava un avvicendamento migratorio: gli stra-
                    nieri sarebbero arrivati a seguito della partenza di

                    quei sardi e meridionali che erano venuti ultimamente a rimpiazzare i vuoti
                    lasciati  liberi  e  che  ora,  o  a  causa  dei  disagi  provocati  dalla  mancanza  di


                       23  L. Einaudi, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità a oggi, Laterza, Roma-
                    Bari, 2007.
                       24  C. Casella, Nonostante tutto importiamo operai stranieri, «Vita Nuova», 26 novembre
                    1977, riportato in «Dossier Europa. Emigrazione», 2, 12 (1977), p. 14.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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