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L’emigrazione egiziana in Italia negli anni Settanta del Novecento 143
Le parole di Prodi trovano il loro senso se calate nella situazione
italiana di quegli anni. Le prospettive economiche, all’indomani della
chiusura del ciclo del miracolo economico, non erano positive. A ciò
era da aggiungere la fortissima conflittualità sociale e, proprio
nell’anno in cui Prodi scriveva l’articolo, la forza dirompente del “mo-
vimento del 1977”, che metteva in evidenza l’esasperazione sociale dei
molti giovani che si sentivano esclusi ed emarginati . Prodi si inseriva
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in un approccio alla lettura dell’immigrazione incentrato sulla preoc-
cupazione delle possibili tensioni sociali che sarebbero potute derivare
dal razzismo e dalla competizione tra lavoratori stranieri e italiani.
Sui lavoratori egiziani impiegati nelle fonderie di Reggio Emilia si
soffermava un articolo pubblicato sul quotidiano «La Stampa» nel feb-
braio 1978, in cui si descrivevano le difficili condizioni di lavoro e di
vita di questi immigrati, impiegati in lavori pesanti e che nemmeno gli
immigrati meridionali erano più disposti a fare.
Come una macchia da cancellare, la città nasconde il problema che più
l'assilla e, nel benessere tranquillo di Reggio Emilia, una colonia d'egiziani
diventa l'occasione di un malessere incerto. Attratti dal lavoro duro delle fon-
derie, disposti a sopportare i vapori soffocanti delle sabbie che accolgono la
colata incandescente, centinaia d'egiziani sono approdati a Reggio. Vivono
nella clandestinità del lavoro nero e soltanto la punta di un iceberg più vasto
è registrata nei libri degli uffici di polizia che in questi mesi hanno accordato
152 permessi di soggiorno. Ma la Bassa Padana, nei casolari di antiche mas-
serie abbandonate, rivela una presenza più fitta, nei colori delle finestre che
si tingono d'azzurro. Il celeste delle vernici compare a Villa Cade, a Pieve Mo-
dolena, a Montecchio e a Corte Tegge. È il segnale che qui vivono gli arabi e il
colore del cielo sugli ingressi respinge la cattiva sorte anche a Casalgrande,
nella nebbia del Reggiano, dove due famiglie occupano una vecchia stalla che
fu un tempo dell'immigrazione appenninica, poi di quella meridionale attratta
dallo sviluppo improvviso dei capannoni per le maioliche. Nel benessere im-
previsto della provincia che registra tassi d'occupazione superiori al quaranta
per cento, i reggiani lasciano i lavori più duri e, a rimpiazzarli, arrivano dal
Nord Africa piccole pattuglie di emigranti. Risalgono al Nord o ridiscendono al
Sud, respinti dall'industria tedesca e olandese: si fermano a Reggio perché qui
c'è ancora un posto da occupare tra i gas delle fonderie o al freddo di una
edilizia industriale che non conosce crisi 34 .
L’articolo proseguiva con alcune testimonianze provenienti dal
mondo sindacale, e anche qui emergeva – a parlare era Ugo Davoli
33 Cfr: L. Falciola, Il movimento del ’77 in Italia, Carocci, Roma, 2016; A. Gagliardi, Il
77 tra storia e memoria, Manifestolibri, Roma, 2017.
34 F. Santini, Reggio Emilia: centinaia di egiziani reclutati al lavoro nel caldo soffocante
delle fonderie, «La Stampa», 21 febbraio 1978.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)