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L’emigrazione egiziana in Italia negli anni Settanta del Novecento 141
Lavoro risultassero poco attendibili, perché era evidente la spropor-
zione tra i 9912 stranieri occupati nel 1976 e i 55.404 permessi di
lavoro autorizzati dal Ministero dell’Interno per lo stesso anno .
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Lo studio del Censis fornisce anche elementi per ricostruire i contorni
della presenza egiziana in Italia: nel 1970 erano stati rilasciati permessi
di soggiorno complessivamente a 857 cittadini egiziani, ma solo 6 anni
dopo, nel 1976, i permessi annuali erano saliti a 1.165; si trattava di
uomini giovani che raramente erano accompagnati dalle loro famiglie, ma
che accarezzavano la prospettiva, se fossero rimasti in Italia, di richiedere
ricongiungimenti. Spesso si trattava di ragazzi arrivati con le ambizioni (o
dichiarate tale) di iscriversi all’università, ma che poi avevano deciso di
cercare lavoro. Le aree coinvolte nell’immigrazione erano la provincia di
Milano e l’Emilia Romagna: il rapporto non specificava la motivazione di
questa scelta territoriale, anche se non si può dimenticare che si trattava
di zone ricche e con opportunità nell’ambito lavorativo. Nel capoluogo
lombardo la presenza egiziana era evidente nel comparto della ristora-
zione, negli alberghi, presso l’ortomercato, nelle imprese di pulizia e nel
lavoro ambulante. Lavoratori egiziani erano presenti anche nell’edilizia,
settore che avrebbe visto soprattutto nei decenni successivi un ampio
utilizzo di manodopera proveniente dalle aree del Nord Africa. In Emilia
gli egiziani erano inseriti nell’industria meccanica, mentre in Romagna
trovavano occupazione per lo più nei servizi turistici.
Alla fine del decennio, secondo le stime del Censis, realisticamente
gli egiziani presenti nel nostro territorio nazionale erano tra i 30.000 e
i 40.000. Una parte consistente (circa un terzo) di loro era di religione
copta : si trattava, dunque, di una minoranza che, dopo aver cono-
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sciuto una grande centralità nella vita sociale, economica e politica
egiziana nella prima metà del Novecento, stava scontando una cre-
scente marginalizzazione a seguito della svolta arabista di Nasser che
aveva finito, sia pure in termini contradditori e non espliciti, per ac-
centuare il carattere musulmano del Paese, anche a seguito dell’emar-
ginazione delle minoranze straniere . E proprio il motivo dell’affinità
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religiosa con i paesi percepiti come “cristiani” aiuta a spiegare perché
28 Ivi, p. 13.
29 Ivi, pp. 25-26.
30 Sulla centralità dei copti all’interno del movimento nazionale egiziano nella prima
metà del Novecento cfr. P. Pizzo, L’Egitto agli egiziani! Cristiani, musulmani e idea nazio-
nale (1882-1936), Zamorani, Torino, 2002. Sulla presenza copta nell’Egitto di Nasser e
sul suo ripiegarsi all’interno di dinamiche prevalentemente comunitarie cfr., invece, B.
Voile, Les coptes d’Égypte sous Nasser. Sainteté, Miracles, Apparitions, Edition du CNRS,
Paris, 2004; A. Melcangi, I copti nell’Egitto di Nasser cit.; G. Delhaye, Contemporary Mus-
lim-Christian Relations in Egypt: Local Dynamics and Foreign Influences, in A.N. Longva
e A.S. Roald (eds.), Religious Minorities, in the Middle East Domination, Self-Empower-
ment, Accommodation, Brill, Leiden-Boston, 2012, pp. 71-96.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)