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502 Giorgio Caravale
Questi uomini rozzi si meravigliano ch’io osi disprezzare le delizie ch’essi
considerano beni supremi, e non comprendono né la mia felicità né quel
piacere che mi danno alcuni amici segreti, che da tutte le parti del mondo
ogni età m’invia, amici illustri per lingua, ingegno, guerre, facondia; amici
non difficili che si contentano di un angolo della mia modesta casa, che nes-
suna mia domanda rifiutano, che premurosi mi assistono e non mai mi
danno fastidio, che se ne vanno a un mio cenno e richiamati ritornano. 13
La solitudine beata del dotto circondato dai suoi amici libri, dai
suoi amici classici: Cicerone, Seneca, Quintiliano, Giovenale, che lo
aiutano a rispondere a ogni domanda e ogni esigenza. Quella di Pe-
trarca è la solitudine del lettore ma anche la solitudine dello scrittore,
che si erge a garanzia di immortalità:
Ma chi può dubitare che proprio il lavoro letterario, con cui consacriamo
il nome nostro o altrui, con cui incidiamo le immagini degli uomini illustri
in un materiale che assicura l’eternità ben più del bronzo o del marmo si
possa sviluppare in nessun luogo con più agio e libertà che in solitudine? 14
Come ha scritto Musi, «il felice stato della solitudine è per Petrarca
l’approdo del confronto tra la giornata di chi vive fra la moltitudine,
il cittadino indaffarato ma in realtà misero, annoiato, soprattutto
continuamente ingannato dagli altri, e la giornata di chi ha scelto il
riposo temperato dallo studio e dalla preghiera» . È un topos – quello
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dell’elogio della solitudine interiore del dotto che si ritira nel suo stu-
dio per leggere e approfondire i classici – che prosegue anche nel
primo Cinquecento con Machiavelli, di cui Musi cita per intero la bel-
lissima e notissima lettera a Francesco Vettori: un vero e proprio
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rituale che realizza un trasferimento del dotto in un mondo altro,
dove questi ritrova se stesso e vive come in uno stato di sospensione
dell’angoscia legata all’affanno quotidiano.
La fuga dalla città e dagli inganni della cultura urbana e cortigiana
e l’elogio della solitudine ritornano come elementi centrali anche nel
cinquecentesco Ragionamento fatto tra un cavaliere errante e un uomo
solitario di Ortensio Lando, pubblicato a Venezia nel 1552, condite
con una buona dose di polemica anticlericale rivolta contro la
13 L. Bolzoni, Una meravigliosa solitudine. L’arte di leggere nell’Europa moderna, Ei-
naudi, Torino, 2019, p. 13.
14 Ibidem, p. 19.
15 A. Musi, Storia della solitudine, p. 70.
16 Ibidem, p. 76.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)