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                   La parabola dell’uomo di guerra e di governo nativo di Malaga co-
                nosciuto dalla storiografia modernista italiana come Rodrigo ‘d’Arzè’ –
                forma italiana dello spagnolo ‘de Arce’ y Beltrán – appare senza dubbio
                un caso emblematico di quell’incrocio d’interessi tra la monarchia spa-
                gnola  e  la  nobiltà  iberica  che  produsse  la  straordinaria  espansione
                della sfera di influenza asburgica in Italia nella prima metà del Cin-
                quecento, nonché il radicamento di una parte almeno di questa nobiltà
                nei territori acquisiti dagli Austrias nella Penisola. Proprio il tentativo
                di acquistare una stabile base di potere nel Bel Paese – un tentativo
                fallito, probabilmente, ma tenacemente quanto intelligentemente per-
                seguito, e soprattutto documentato – modellò la brillante carriera di
                un nobile che aveva legato la propria fortuna a quella della dinastia, e
                la cui sfera geografica di interessi progredì, si può dire, in parallelo con
                i confini dell’impero.
                   Cresciuto nella casa paterna a Malaga, a fianco di quella che sino
                alla conquista cristiana era stata una delle moschee della città – e figlio
                di una nobildonna di origini converse, cresciuta a sua volta in una
                sinagoga concessa ai genitori quale abitazione –, Rodrigo de Arce y
                Beltrán nacque, visse e morì da nobile di frontiera, rampollo di un
                casato  di  frontiera,  protagonista  della  conquista  e  della  repoblación
                dell’Andalusia .
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                   Ufficiale di alto rango, si mostrò capace di trarre considerevoli
                vantaggi personali da quella vistosa polarizzazione di antichi con-
                flitti locali nella competizione politico-militare tra Asburgo e Valois,
                prima, e tra protestanti e cattolici, poi, che nei decenni centrali del
                Cinquecento pose ulteriore rilievo sulla natura geograficamente di-
                sconnessa dei domini degli Austrias in Europa, separati tra loro dal
                Regno di Francia, dalla Terraferma veneta, dalla Confederazione el-
                vetica, dagli Stati papali e dal mare. Fu dunque un nobile di fron-
                tiera in una monarchia delle frontiere, che fondava la propria coe-
                sione e coerenza interna sulla fedeltà di agenti qualificati , capaci
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                di connettere efficacemente centri di potere lontani tra loro, inte-
                grandoli in un sistema imperiale .
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                   1  M.T. López Beltrán, Familia, mujeres y repoblación en el Reino de Granada, in M. I.
                del Val Valdivieso, J. F. Jiménez Alcázar (eds.), Las mujeres en la Edad Media, Sociedad
                Española de Estudios Medievales - Editum, Murcia - Lorca, 2013, pp. 115-144: 127.
                   2  V. Favarò, Pratiche negoziali e reti di potere. Carmine Nicola Caracciolo tra Europa e
                America (1694-1725), Rubbettino, Soveria Mannelli, 2019; L. Scalisi, Da Palermo a Co-
                lonia. Carlo Aragona Tagliavia e la questione delle Fiandre (1577-1580), Viella, Roma,
                2019.
                   3  P. Cardim, T. Herzog, J. J. Ruiz Ibañez, G. Sabatini, Introduction, in P. Cardim, T.
                Herzog,  J.  J.  Ruiz  Ibañez,  G.  Sabatini  (eds.),  Polycentric  Monarchies:  How  Did  Early



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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