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Alle origini di Santa Maria dello Spasimo e dell’urbanizzazione di Palermo   479


                    messo, con il rinvenimento delle informazioni relative al codicillo te-
                    stamentario di Matteo Sclafani, di associare indirettamente il nome
                    del  conte,  già  indissolubilmente  legato  al  palazzo  del  Cassaro,  poi
                    ospedale grande, e al monastero di Santa Chiara, ad un altro monu-
                    mento cittadino, lo Spasimo, espressione nella sua stessa denomina-
                    zione di sofferenza, divenuto nel corso dei secoli oggetto di opere let-
                    terarie e cinematografiche, grazie all’atmosfera suggestiva originata
                    dall’essere un tutt’uno con la natura che lo circonda. Uno scheletro,
                    delle pareti senza tetto, una bellezza mutilata che, ancora oggi, pro-
                    manano, più che mai, fascino e, al contempo, richiamano sentimenti
                    di meraviglia e dolore.
                       Il codicillo veniva redatto lo stesso giorno dell’ultimo testamento,
                    forse per un ripensamento, una dimenticanza, o, forse, più probabil-
                    mente, per mera paura dell’aldilà e stringente necessità di acquisire
                    crediti celesti. Il «buon odore» delle azioni dei monaci del monastero di
                    Santa Maria del Bosco e la loro «santa vita» avevano fatto del cenobio
                    il punto di riferimento, non solo per gli abitanti del territorio circo-
                    stante, ma anche per chi, da più lontano, sperava con il lascito di gua-
                    dagnarsi la salvezza eterna; tra i diversi benefattori illustri primo fra
                    tutti, secondo l’abate autore delle Memorie antiche del monastero, fu
                    Matteo Sclafani .
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                       La donazione come grangia del viridarium con torre e cappella siti
                    in contrada Terracina vicino Porta San Giorgio segnò una tappa im-
                    portante nella storia del cenobio perché permise ai monaci di inserirsi
                    a Palermo e di accrescere il patrimonio. Proprio gli ingenti lasciti con-
                    sentirono agli Olivetani di realizzare il progetto della nuova fondazione
                    di Santa Maria dello Spasimo.
                       I  monaci  di  Santa  Maria  del  Bosco  divennero  trait  d’union  tra  il
                    primo benefattore, il complesso dello Spasimo dove i religiosi avreb-
                    bero dovuto continuare a pregare per l’anima del testatore e il nuovo
                    filantropo, Basilicò, che aveva reso possibile la realizzazione di un mo-
                    nastero più maestoso.
                       Donazioni, concessioni, testamenti, contratti di enfiteusi si susse-
                    guono nell’arco di due secoli disegnando i tratti di una città in trasfor-
                    mazione, una Palermo che muta aspetto con nuovi quartieri e con-
                    trade. I numerosi documenti relativi al viridarium concesso in enfiteusi
                    dagli Olivetani per fondare la nuova sede di Santa Maria dello Spasimo
                    permettono  di  seguire  l’evoluzione  di  un’intera  area,  quella  prospi-
                    ciente la fortezza di Castello a mare, dispiegata lungo il fronte delle
                    mura settentrionali della città; l’area dei quartieri del Seralcadio, della


                       85  P. Olimpio da Giuliana, Memorie antiche del monastero di Santa Maria del
                    Bosco cit., p. 18.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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