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Echi del nuovo mondo nelle biblioteche napoletane tra i secoli XVI e XVII   523


                       Se consideriamo il posto dell’America nella sensibilità religiosa, ma
                    anche nelle arti, nelle commedie di Lope de Vega, nella Tabbaccheide
                    dello  Zucchi,  nei  romanzi  di  Cervantes,  o  nel  ballo  «novo  ispano»  –
                    come Marino disse della ciaccona– dobbiamo ammettere che il conti-
                    nente americano riversò realtà tutte nuove in Europa.
                       Più che nella «coscienza» in astratto, bisognerebbe capire il posto
                    dell’orizzonte americano nella concretezza delle diverse forme di vita
                    di quei tempi, cercandovi i vincoli storici effettivi 118 . Le biblioteche
                    napoletane ci lasciano intravedere le differenze tra il ceto civile e gli
                    aristocratici. La curiosità scientifica, soprattutto per la storia natu-
                    rale, fu più marcata tra i dottori, ma non sembra essere stata né una
                    loro prerogativa – si pensi all’importanza del patriarca don Tommaso
                    d’Avalos – né l’unico rapporto che ebbero con il mondo americano.
                    La loro istruzione, le nozioni sui classici e sul passato li resero in
                    generale predisposti a cercare un’idea del mondo e della storia che
                    più che mai doveva avvalersi delle storie universali e delle cronache
                    sulle nuove terre. Sembra che ci fosse anche una specificità napole-
                    tana: la presenza degli autori spagnoli negli studi, a volte accoppiati
                    con i mappamondi, o con i ritratti degli Asburgo – per esempio, nei
                    casi dei Reggenti Fornari e Cacace – sembra che alludesse all’appar-
                    tenenza storica, al mondo concreto di legami politici di Napoli nell’in-
                    sieme della Monarchia. Questo senso d’appartenenza non prevedeva
                    un fitto programma ideologico – fu compatibile con i libri di Las Ca-
                    sas,  col  Boccalini 119 –,  ma  esclude  l’idea  che  il  ceto  civile  avesse
                    un’immagine  negativa  sulla  conquista  e  sul  ruolo  della  Spagna 120 .
                    Alla fine, anche se inconsapevoli, furono questi vincoli effettivi quelli
                    che collocarono l’esperienza dei scienziati napoletani all’avanguardia
                    dell’esperienza  italiana  sull’America  già  prima  della  pubblicazione
                    del Tesoro Messicano 121 .
                       Ciò è ancora più chiaro nel caso della nobiltà napoletana. La gran-
                    dezza dei domini degli Asburgo spagnoli, compreso l’orizzonte ameri-
                    cano, fu un motivo di vanto per i sudditi napoletani, come Giulio Ce-
                    sare Capaccio, con cui abbiamo iniziato queste righe:



                       118  Cfr. J. H. Elliott, The uncertain impact in The Old World and the New cit., pp.
                    1-27.
                       119  Cfr. F. Ambrosini, Venetian diplomacy, Spanish gold and the New World in
                    the Sixteenth century, in E. Hodorowich e L. Markey (a cura di), The New World in
                    Early Modern Italy cit., pp. 47-60.
                       120  Cfr. A. Musi, Mezzogiorno spagnolo cit., pp. 33 sgg.; M. Rak, Napoli civile,
                    Argo, Lecce, 2021, p. 219.
                       121  Prima del consolidamento dei Lincei napoletani, Aldovrandi cercò di ricavare
                    delle informazioni sulla storia naturale americana da Giovan Battista Della Porta,
                    Ferrante Imperato e Fabio Colonna tra gli altri.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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