Page 200 - Mediterranea 60
P. 200

200                                                    Salvatore Fodale



                   Artale d’Alagona si dichiara nel testamento ancora lucido di mente
                e in buona salute: corporea sospitate potimur et clara regimur racione,
                ma è ormai in età avanzata. La prima notizia su di lui nella cronaca
                detta di Michele da Piazza è del luglio 1348 e a marzo del 1350 risalgono
                le prime imprese militari , ma il documento più antico che lo riguarda
                                       11
                è del 14 marzo 1346 e fa riferimento a Giovanna, figlia di Pietro Lancia,
                uxorem magnifici et egregi domini Artalis de Alagona . Era gran giusti-
                                                                  12
                ziere dalla morte del padre nel 1355. Possiamo supporre che fosse nato
                qualche anno dopo il 1330 e che fosse quindi attorno ai 55 anni. Af-
                ferma  di  avere cinque figli, ma una sola figlia legittima, Maria, che
                istituisce erede universale, nata dalla moglie Agata Chiaromonte, figlia
                di Matteo conte di Modica e di Iacopella Ventimiglia. Il 24 luglio 1380
                aveva ricevuto dal vescovo di Agrigento Matteo Fugardo la dispensa
                per il matrimonio , concessagli da Urbano VI allo scopo di sanzionare
                                 13
                e garantire la pace tra le famiglie vicariali e assicurare l’unità politica
                del Regno. Maria era dunque una bambina e Artale sperava ancora di
                avere dalla moglie altri figli, soprattutto un maschio. Aveva già due
                figli maschi naturali, Maciotta e Giovanni, nati probabilmente dalla
                stessa madre, e altre due figlie femmine, una ancora infantula, della
                quale non fa il nome, nata dalla nobile domina Cesaria, l’altra che nel
                codicillo chiamerà Adamante, nata da una schiava tartara, che dirà
                chiamarsi Caterina.
                   Vuole disporre dei suoi beni prima che la sua mente possa essere
                obnubilata da una qualche morbi vehemencia. La forza del suo patri-
                monio è tale da consentirgli di dichiarare, patrimonii nostri virium non
                ignari, di avere a disposizione nella sua Camera tantam pecunie quan-
                titatem, ex qua satisfacio presentis testamenti comode fieri poterit et in
                promptu, da non ravvisare l’esigenza di indicarne la consistenza nu-
                merica. Apprendiamo del resto che ha ricevuto in pegno dal duca d’An-
                giò gioielli per il valore di cinquemila fiorini. Ritiene palesemente di
                avere già provveduto sufficiemente per la propria anima con la costru-
                zione del monastero di Santa Maria de Novaluce, dove già per lui est
                sepultura parata, nella cappella di Sant’Agata, e al quale lascerà co-
                munque un legato di duemila fiorini, mentre rimette ai fidecommissari
                la destinazione di duecento onze, da distribuire subito dopo la sua
                morte, entro otto giorni. Più che all’anima, sembra tenere allo splen-


                   11  Michele da Piazza, Cronaca, a cura di A. Giuffrida, Palermo 1980, pp. 92,
                117-120.
                   12  Giuffrida, Il cartulario cit., p. 36.
                   13  S. Fodale, Il conte e il segretario. L’ultimo Artale d’Alagona e il giurista Stefano
                Migliarisi: due storie incrociate, in Mediterraneo Medievale. Scritti in onore di Fran-
                cesco Giunta, Soveria Mannelli 1989, I, pp. 461 s., doc. 1.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
   195   196   197   198   199   200   201   202   203   204   205