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Il costoso miraggio della demanialità. Ceti emergenti e attività creditizie... 535
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feudo, come si evince dalle ampie allegazioni forensi messe a stampa .
Erano, inoltre, individuati due o più procuratori tra i cittadini apparte-
nenti al ceto delle professioni e, in quanto tali, richiamati a Napoli per
l’esercizio delle proprie attività, affinché potessero effettivamente svolgere
un ruolo di mediatori tra la capitale e i centri provinciali, nella selezione
dei finanziatori e nella richiesta di prestiti presso i banchi pubblici. Una
volta raccolte, tutte le somme erano consegnate al cittadino prescelto per
la simbolica intestazione del feudo, il quale al momento del regio assenso
per il riscatto in demanio del feudo le avrebbe trasferite al regio fisco.
I riscatti in demanio ebbero di volta in volta esiti assai diversi sul piano
della loro durata, in relazione alle numerose variabili, di ordine economico,
sociale e politico, attive sia a livello centrale sia periferico. Poteva verificarsi,
per esempio, che il forte indebitamento cui andavano incontro le casse
municipali finisse col determinare il ritorno alla feudalità degli stessi centri
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che si erano riscattati . È questo quanto si verificò, come ha fatto notare
Giuseppe Galasso, nella Calabria della seconda metà del Cinquecento
quando vi fu il «dispiegarsi di uno sforzo spontaneo di demanializzazione
da parte delle università», al quale non sempre corrispose un esito defini-
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tivo, proprio a causa degli ingenti debiti contratti dai poteri municipali .
Inoltre le forti tensioni sociali e politiche tra i diversi attori di tali
processi fisco, comunità vassalle e baronaggio generarono lunghi con-
tenziosi per le devoluzioni in demanio, che si fecero più frequenti sul
finire del XVIII secolo. È il caso dello Stato feudale di Arnone in Terra
di Lavoro, la cui devoluzione negli anni Novanta del XVIII secolo
divenne argomento di vivaci dibattiti tra i riformatori napoletani, come
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risulta dal ricco quadro tracciato da Anna Maria Rao . Anche la devo-
luzione del feudo di Monteleone in Calabria Ultra fu oggetto di una
lunga e aspra controversia tra il principe Pignatelli e le comunità vas-
salle negli anni Sessanta del Settecento. Essa si risolse solo a seguito
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della eversione della feudalità .
16 Sulle allegazioni forensi, cfr. C. Vano, Avvocati “innanzi all’Eccellentissima Corte”.
Una collezione ritrovata di allegazioni forensi, in A. Mazzacane, C. Vano (a cura di), Uni-
versità e professioni giuridiche in Europa nell’età liberale, Jovene, Napoli, 1994, pp. 405-
420; M.G. Di Renzo Villata (a cura di), L’arte del difendere. Allegazioni avvocati e storie
di vita a Milano tra Sette e Ottocento, Giuffrè, Milano, 2006.
17 Sul forte indebitamento delle casse comunali, cfr. G. Galasso, Storia d’Italia, XV, Il
Regno di Napoli, VI, Società e cultura cit., pp. 919-922; A. Bulgarelli Lukacs, Finanza
locale sotto tutela, 2 vol., Marsilio, Venezia, 2012.
18 G. Galasso, Economia e società nella Calabria del Cinquecento, Guida, Napoli, 1992,
p. 308.
19 A.M. Rao, L’«amaro della feudalità». La devoluzione di Arnone e la questione feudale
a Napoli alla fine del ‘700, Luciano, Napoli, 1997.
20 F. Campennì, La patria e il sangue. Città, patriziati e potere nella Calabria moderna,
Laicata, Manduria, 2004, pp. 492-519; D. Cecere, Le armi del popolo. Conflitti politici e
strategie di resistenza nella Calabria del Settecento, Edipuglia, Bari, 2013, pp. 226-235.
n. 47 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)