Page 192 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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616 Paolo Bernardini
gliate notizie ne Il Milione. Poi i Gesuiti, storia ben nota agli italiani
lettori del Daniello Bartoli e della sua “seconda parte dell’Asia”, ovvero
appunto del Giappone. Tra l’altro, Dubois fornisce un quadro a tinte
veramente fosche di Nagasaki, la città del martirio dei Francescani e
Gesuiti, «teatro dell’usura cinese e della brutalità dei marinai europei»,
e ove appunto si era consumata la tragedia, e il successivo tramonto,
della Cristianità. Il libro poi contiene critiche sprezzanti agli olandesi
che, unica nazione, avevano impiantato commerci stabili col Giappone,
corresponsabili inoltre, da calvinisti, dei martirii avvenuti tra fine Cin-
quecento e primi trent’anni del Seicento. Mentre alla fine l’immagine
che del Paese si trae dal volume è fondamentalmente positiva.
Ora, nel periodo che va dai moti del 1848 all’inizio formale dei rap-
porti italo-giapponesi del 1866, mi pare che emergano principalmente
due “elementi”, o se vogliamo due distinte e particolari vicende, nella
presenza culturale del Giappone in Italia – e non prendendo in consi-
derazione le arti, la musica, la letteratura – che sono degni di rilievo.
Da una parte, l’importante questione della canonizzazione dei ventisei
martiri di Nagasaki e successiva beatificazione di ben 205 altri martiri.
Dall’altra, l’introduzione (sperimentale) del sistema di coltura dei bachi
da seta giapponese. Siamo evidentemente in due territori affatto distanti.
Eppure in qualche modo attraverso una ricognizione anche soltanto
parziale di queste due vicende, possiamo ricostruire attitudini, pregiudizi
e giudizi su quel mondo lontano, che allora potevano circolare in Italia.
La canonizzazione dei martiri di Nagasaki fu un evento notevolissimo
del tempo, e tuttora la letteratura al riguardo è ampia (sia in Europa
sia in Giappone), un interesse rinnovato tra l’altro dall’apertura del
Museo e del monumento a loro dedicato sulla collina di Nishizaka sopra
Nagasaki dove il martirio ebbe luogo il 5 febbraio 1597. L’inaugurazione
avvenne nel giugno 1862, a pochi mesi dall’apertura ufficiale del Vati-
cano II, l’11 ottobre. Se consideriamo l’evento dal punto di vista della
storia del lunghissimo pontificato di Pio IX, si tratta di un atto ripetuto
moltissime volte, 52 canonizzazioni, cui si aggiungono 222 beatificazioni.
Ma in tutto e per tutto fu evento grandioso. L’apparato rimase a lungo
nei ricordi dell’opinione pubblica. Il concorso di quasi 300 vescovi rese
l’evento memorabile. Le pubblicazioni che lo accompagnarono proven-
nero da tutta Italia, con la traduzione, tra le altre, di un’antica opera
dell’agiografo belga Benignus Fremaut (1654-1723), esperto di france-
scani, da parte di Padre Agostino da Osimo M.O., che poi si impegnerà
nel 1867 per la canonizzazione dei martiri di Gorchum (Goricken), que-
sta volta martirizzati dai “pessimi calvinisti d’Olanda”, secondo le parole
di Padre Agostino, il 9 luglio 1572 (dagli olandesi dunque, peraltro ora
rivali commerciali degli italiani in Giappone).
Lo stesso Agostino da Osimo darà alle stampe, dopo aver tradotto
l’opera di Fremaut, una Storia dei ventitré martiri giapponesi dell’Ordine
n. 47
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)