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                 nienza acquistata dal Governo Svizzero per studi. F. Riproduzione verde
                 che la Società confezionò in Lugano nel 1864. G. Riproduzione bianca
                 incrociata con verde pure eseguita in Svizzera».
                    A detta del Camuzzoni, e pare della stessa ditta Baffo, i risultati, nel
                 centro sperimentale di San Bonifacio, erano stati «soddisfacentissimi».
                 Ed ecco, sorprendentemente, che Camuzzoni non solo affida ai bachi
                 giapponesi il futuro della sericoltura veneta e si intuisce italiana, ma
                 ipotizza addirittura una guerra (!) contro il Giappone, che dovrà essere
                 evidentemente dichiarata da Italia e Francia – Camuzzoni nel 1865 è
                 ancora, anche se per poco, suddito dell’Impero d’Austria – qualora il
                 governo giapponese frapponesse difficoltà all’esportazione dei preziosi
                 bachi. Tra le condizioni perché l’esperimento continui e dia tutti i frutti
                 che promette: «la prima, che non s’accrescano le già gravi difficoltà
                 d’esportazione del seme del Giappone; e questo è argomento che deve
                 altamente preoccupare i Governi civili d’Europa, e specificatamente di
                 Francia e d’Italia nazioni maggiormente sericole. Se la libera e egoista
                 Inghilterra fece a memoria nostra una barbara guerra ai Cinesi per im-
                 porre loro l’oppio che gli [sic] avvelena, nel peggiore degli eventi, Francia
                 e Italia potranno con ben più alti intendimenti muoverne una al Giap-
                 pone per costringerlo a ricevere il nostro oro e la nostra civiltà in cambio
                 del suo seme di bachi che sembra essere per ora l’unica tavola di sal-
                 vamento della nostra sericultura.»
                    Siamo dunque dinanzi a un bivio. Da un lato, il mondo cattolico
                 getta – senza probabilmente averne l’intenzione – un’ombra sul Giap-
                 pone, destinata ad avere un certo qual peso in Europa. Siamo forse nel
                 campo delle ipotesi strampalate e da “fantastoria”, ma la scelta di Na-
                 gasaki, al di là del suo essere obbiettivo strategico, per la seconda
                 bomba atomica, fu davvero casuale? Davvero il primo obbiettivo avrebbe
                 dovuto essere Kokura, oscurata dalle nubi? Dall’altro, il mondo laico
                 italiano, non interessato al Giappone se non dal punto di vista degli
                 scambi commerciali, si apre verso il Sol Levante, attraverso il baco da
                 seta, in una maniera straordinaria. Sacro e profano, spirituale e com-
                 merciale, si intrecciano in questi anni di significativa apertura dell’Italia
                 nella fase finale di unificazione, e nel Giappone nella fase iniziale di
                 modernizzazione. Certamente del Giappone interessava la flora (le ca-
                 melie, ad esempio); interessavano le cere per uso industriale, ma i
                 bachi, e i martiri, sono davvero i due poli principali di interesse, in
                 questi decenni. E soprattutto negli anni in cui la prossima apertura del
                 canale di Suez avrebbe garantito naturalmente anche all’Italia un’espan-
                 sione fenomenale dei commerci, che avrebbero toccato anche il Giap-
                 pone. Un filo complesso, dunque, assai più complesso di quello del
                 baco da seta, unisce appunto i martiri ai bachi.





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                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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