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Il martire e il baco da seta. Nota su il Giappone in Italia 1848-1866 615
per la conoscenza del Giappone era soprattutto, dopo la soppressione
della Compagnia di Gesù (1773), l’opera degli scrittori inglesi, e in par-
ticolar modo francesi. Solo molto dopo il 1866 verranno pubblicate ad
esempio le prime opere a larga diffusione – pensiamo a un Ettore Allo-
doli, un poligrafo notevolissimo, per la letteratura, e a un Enea Cianetti
(anch’egli scrittore di scienza varia) per i rudimenti generali sul Paese –
mentre in quegli anni ci si accostava generalmente al giapponese tramite
opere linguistiche o geografiche di nuovo francesi, o inglesi, come quella
notissima del Reverendo Samuel Robbins Brown, del 1863.
Se andiamo a guardare la produzione editoriale riguardante il Giap-
pone negli anni risorgimentali, emergono ben pochi titoli che siano ita-
liani, a meno che non si tratti di compilazioni, come quella, pur notevo-
lissima nello sforzo di ricerca di fonti che dimostra, di Giulio Astori, che
aveva continuato l’opera interrotta di Louis-Philippe Ségur (1753-1830),
il notevole poligrafo e politico francese che servì ogni regime, e che lasciò
un vastissimo corpus tra opere storiografiche, memorie ed edizioni di
testi altrui. I lettori italiani intorno alla metà del secolo avranno a dispo-
sizione due opere in francese che avranno una certa diffusione in Italia,
quella di Edouard Fraissinet (1817-1883) pubblicata nel 1857, ma so-
prattutto quella di Adolphe Philibert Dubois de Jancigny (1785-1860),
tradotta in italiano nel 1859. In qualche modo le due opere citate anda-
vano a sostituire o quantomeno integrare, nel panorama francese, l’edi-
zione postuma degli scritti di Pierre François Xavier Charlevoix (1682-
1781), che avevano goduto di almeno due riedizioni di successo nel
corso dell’Ottocento, nel 1839 e nel 1844 rispettivamente.
Se ci spostiamo invece a guardare nel dettaglio l’opera di Dubois de
Jancigny, pubblicata in francese nel 1850, corredata da splendide illu-
strazioni, possiamo renderci conto di diverse cose. Innanzi tutto, nep-
pure lo stesso Dubois parlava per esperienza diretta: in Giappone con-
fessa di non aver mai messo piede. Quindi, possiamo notare come tra
le fonti principali vi siano scrittori quali Engelbert Kaempfer (1651-
1716), la classica fonte per la conoscenza europea del Giappone nel se-
colo dei Lumi, e definito qui «il nostro vecchio ingenuo viaggiatore», e
Philipp Franz von Siebold (1796-1866), le cui opere erano peraltro
allora ancora in parte in corso di stampa. Le fonti di prima mano sono
poche, e addirittura compare nella bibliografia finale un’opera del 1649,
la celebre Descriptio Regni Japoniae di Varenius, pubblicata ad Am-
sterdam nel momento dell’espansione dei rapporti commerciali tra il
Giappone e le Province Unite, appena divenute del tutto indipendenti
con la pace di Westfalia del 1648.
Dubois de Jancigny mostra grande attenzione sulle origini “italiane”
della scoperta del Giappone, da Colombo, seguace di Paolo Dal Pozzo
Toscanelli, che aveva scambiato Cuba con la “Cipangu” su cui Marco
Polo – senza esservi stato, ma questo lo dice chiaramente – dava detta-
n. 47 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)